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D.lg. 231 e riforma del Terzo Settore

La legge 6 giugno 2016, n. 106 (“Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”), in vigore dal 3 luglio 2016, richiama in alcune disposizioni il d.lg. 231/2001.
Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi in materia di riforma del Terzo settore.
Per Terzo settore si intende
il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi.
Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. Alle fondazioni bancarie non si applicano le disposizioni contenute nella legge e nei relativi decreti attuativi.
Il d.lg. 231/2001 è richiamato tra i criteri di delega, laddove si prescrive la redazione di un Codice del Terzo Settore che, tra l’altro, disciplini
gli obblighi di controllo interno, di rendicontazione, di trasparenza e d'informazione nei confronti degli associati, dei lavoratori e dei terzi, differenziati anche in ragione della dimensione economica dell'attività svolta e dell'impiego di risorse pubbliche, tenendo conto di quanto previsto dal d.lg. 231/2001, nonché prevedendo il relativo regime sanzionatorio.
Verrà istituito un Registro unico nazionale del Terzo settore, suddiviso in specifiche sezioni, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al quale dovranno iscriversi gli enti del Terzo settore che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell'economia sociale o che esercitano attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici o che intendono avvalersi delle agevolazioni previste dalla stessa legge.
Tra i requisiti di iscrizione al Registro c’è anche il rispetto delle
forme e modalità di organizzazione, amministrazione e controllo (che saranno stabilite n.d.r.), ispirate ai princìpi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità, partecipazione degli associati e dei lavoratori nonché ai princìpi di efficacia, di efficienza, di trasparenza, di correttezza e di economicità della gestione degli enti.
Il d.lg. 231/2001 viene richiamato anche in relazione all’impresa sociale, laddove si prevede la nomina,
in base a princìpi di terzietà, fin dall'atto costitutivo, di uno o più sindaci allo scopo di monitorare e vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto da parte dell'impresa sociale, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del d.lg. 231/2001, e sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile.
La futura disciplina del Terzo Settore potrà in qualche misura giovare alle controparti societarie che effettuano in loro favore erogazioni liberali o sponsorizzazioni, attività sensibili per definizione, che talvolta non vengono gestite in maniera adeguata in ottica di prevenzione dei reati ex d.lg. 231.
Quest’ultima normativa è pacificamente applicabile alle associazioni anche prive del fine di lucro (cfr. GUP Tribunale di Milano, 30 marzo 2011 e GUP Tribunale di Padova, 17 ottobre 2012, entrambe concernenti ONLUS sanzionate in relazione al delitto di truffa in danno di ente pubblico).

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