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Il processo all'ente: il dibattimento

La dichiarazione di apertura del dibattimento rappresenta il termine ultimo per l'esercizio di alcune facoltà da parte dell'ente.
- La rilevanza della dichiarazione di apertura del dibattimento
La dichiarazione di apertura del dibattimento rappresenta il termine ultimo per l'esercizio di alcune facoltà da parte dell'ente.
Innanzitutto la sanzione pecuniaria e' ridotta da un terzo alla meta' se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero si e' comunque efficacemente adoperato in tal senso; oppure se e' stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (art 12).
Nel caso in cui concorrono entrambe le condizioni suddette, la sanzione e' ridotta dalla meta' ai due terzi.
Le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si e' comunque efficacemente adoperato in tal senso; ovvero ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; ovvero ancora l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca (art 17).
Prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, il giudice puo' disporre la sospensione del processo se l'ente chiede di provvedere alle attivita' di cui all'articolo 17 e dimostra di essere stato nell'impossibilita' di effettuarle prima (art 65).
In tal caso, il giudice, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione; poi (rinvio all'art 49 d.lg. 231) sospende il processo, fissando un termine per la realizzazione delle condotte riparatorie.
Nel caso di mancata, incompleta o inefficace esecuzione delle attivita' nel termine fissato, la sospensione viene revocata e la somma depositata e' devoluta alla Cassa delle ammende.
Se invece si realizzano le condizioni di cui all'articolo 17 l'ente potrà ottenere, in caso di condanna, la riduzione della sanzione pecuniaria e la non applicazione della sanzione interdittiva.
Infine l'ente che ha posto in essere le condotte riparatorie successivamente all'apertura del dibattimento, entro venti giorni dalla notifica dell'estratto della sentenza, puo' richiedere la conversione della sanzione amministrativa interdittiva in sanzione pecuniaria (art 78).
La richiesta e' presentata al giudice dell'esecuzione e deve contenere la documentazione attestante l'avvenuta esecuzione degli adempimenti di cui all'articolo 17; se la richiesta non appare manifestamente infondata, il giudice (dell'esecuzione) puo' sospendere l'esecuzione della sanzione.
Se accoglie la richiesta il giudice, con ordinanza, converte le sanzioni interdittive, determinando l'importo della sanzione pecuniaria in una somma non inferiore a quella gia' applicata in sentenza e non superiore al doppio della stessa. Nel determinare l'importo della somma il giudice tiene conto della gravita' dell'illecito ritenuto in sentenza e delle ragioni che hanno determinato il tardivo adempimento delle condizioni di cui all'articolo 17.
Alla luce di quanto esposto sino ad ora, è interessante notare il diverso ruolo che svolgono i c.d. compliance programs, a seconda della fase processuale in cui se ne "dimostra" al giudice l'esistenza e l'effettività.
Possono addirittura escludere la punibilità se esistenti ed effettivamente attuati prima della commissione del reato (esclusione della colpa dell'ente: l'ente ha fatto il possibile per impedire il reato); possono invece servire ad ottenere una riduzione della sanzione (sia in senso proprio, che come conversione della sanzione interdittiva in sanzione pecuniaria) se adottati successivamente, con il preciso spartiacque rappresentato dalla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado  (secondo lo schema delle circostanze di minore punibilità).
-         Ente incriminato che si qualifica come persona danneggiata dal reato
- L'ente sub iudice può costituirsi parte civile nei confronti della persona fisica?

E' acquisizione pacifica che persona danneggiata può essere anche una persona giuridica o un ente privo di personalità giuridica.Pertanto la società che ritiene di aver subito una danno economicamente valutabile, causalmente riconducibile alla condotta criminosa dell'amministratore, può costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento del danno.
E' vero che il giudice potrebbe non ritenere il danno una "conseguenza immediata e diretta" del reato posto in essere dalla persona fisica: ad esempio per i delitti contro la P.A. o, in futuro, nei delitti ambientali.
Tuttavia il problema teorico non esce intaccato da questa eventualità: quid iuris se la società intende costituirsi parte civile, quando è già stata individuata dal p.m. come "corresponsabile amministrativa" del fatto dell'amministratore?
Oppure è già stata ammessa come parte civile e poi - dopo l'instaurazione del processo a carico della persona fisica - il p.m. decide di "indagare" anch'essa?
Gli esiti, all'evidenza, potranno essere due, alternativi: o il reato è stato commesso nell'interesse della società oppure la società è estranea al reato dell'amministratore, anzi è stata danneggiata dal medesimo.
Nella prima ipotesi - sussistendo gli altri requisiti richiesti - la società verrà condannata; nella seconda, la società otterrà la condanna al risarcimento danni.
Ad avviso di chi scrive, se il processo accertasse la responsabilità amministrativa della società, la sua condotta di costituzione di parte civile potrebbe rilevare  ai fini della determinazione della sanzione, nel quadro della valutazione della condotta processuale.

Comunque non vanno neppure trascurate le numerose complicazioni pratiche alle quali darebbe adito la presenza dell'ente nel processo in due vesti distinte e contrapposte.

- L'istruzione dibattimentale
Per quanto riguarda l'istruttoria dibattimentale il decreto vieta l'assunzione della testimonianza della persona imputata del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e della persona che rappresenta nel processo e che rivestiva tale funzione anche al momento della commissione del reato (art 44).

Quest'ultima persona può essere interrogata ed esaminata nelle forme, con i limiti e con gli effetti previsti per l'interrogatorio e per l'esame della persona imputata in un procedimento connesso (art 210 c.p.p.).

- I problemi derivanti dalla separazione dei processi
Nelle ipotesi in cui non fosse possibile la trattazione unitaria, si procederà alla separazione dei procedimenti, con notevoli difficoltà in ordine al collegamento probatorio comunque necessario.
Come è noto si procede separatamente per l'illecito amministrativo dell'ente quando il procedimento (nei confronti della persona fisica, ndr) e' stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena ai sensi dell'art 444 c.p.p., ovvero e' stato emesso il decreto penale di condanna (art 38 d.lg. 231).
Riassume incisivamente le problematiche poste dalla conduzione separata dei giudizi P. Ferrua (Dir. Pen. proc., 12/2001, 1480):
"... il passaggio da un processo all'altro non è automatico, ma subordinato alle rigorose condizioni fissate dall'art 238 c.p.p. e, in particolare, alla regola per cui i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati contro l'imputato soltanto se il suo difensore ha partecipato all'assunzione (comma 2 bis); situazione che per l'ente potrebbe avverarsi solo in quanto avesse già partecipato come responsabile civile al processo contro la persona fisica".
Inoltre "anche la definizione di un processo con sentenza irrevocabile non determina necessariamente l'esito dell'altro, poiché l'efficacia del giudicato penale è limitata al giudizio civile, amministrativo e disciplinare; le sentenze acquisite ex art 238 bis c.p.p. devono essere  valutate a norma degli artt 187 e 192 comma 3 c.p.p.".
Ad avviso di chi scrive, quanto più si equipara l'ente all'imputato e la relativa responsabilità a quella penale in senso stretto, tanto più si dovranno estendere all'ente le garanzie del giusto processo.
In primis la garanzia della terzietà-imparzialità del giudice, in concreto attuata con il sistema delle incompatibilità e gli istituti dell'astensione  della ricusazione.
- La sentenza
Se l'illecito amministrativo contestato all'ente non sussiste, il giudice lo dichiara con sentenza, indicandone la causa nel dispositivo. Allo stesso modo procede quando manca, e' insufficiente o e' contraddittoria la prova dell'illecito amministrativo (art 66).
Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere nei casi previsti dall'articolo 60 (il reato da cui dipende l'illecito amministrativo dell'ente e' estinto per prescrizione) e quando la sanzione e' estinta per prescrizione (art 67).
Quando pronuncia una delle sentenza di cui agli articoli 66 e 67, il giudice dichiara la cessazione delle misure cautelari eventualmente disposte (art 68).
Vale la pena ricordare ancora una volta l'art 8 del d.lg, che sancisce il principio dell'autonomia della responsabilità dell'ente, la quale sussiste anche quando:
a)                  l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile;
b)                 il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia;
Se invece l'ente risulta responsabile dell'illecito amministrativo contestato il giudice applica le sanzioni previste dalla legge e lo condanna al pagamento delle spese processuali; in caso di applicazione delle sanzioni interdittive la sentenza deve sempre indicare l'attivita' o le strutture oggetto della sanzione (art 69).
Si ricordi che nel caso di trasformazione, resta ferma la responsabilita' per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto (art 28); nel caso di fusione, anche per incorporazione, l'ente che ne risulta risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione (art 29); nel caso di scissione parziale, resta ferma la responsabilita' dell'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto (art 30)
Ebbene si stabilisce che nel caso di trasformazione, fusione o scissione dell'ente responsabile, il giudice da' atto nel dispositivo che la sentenza e' pronunciata nei confronti degli enti risultanti dalla trasformazione o fusione ovvero beneficiari della scissione, indicando l'ente originariamente responsabile; la sentenza pronunciata nei confronti dell'ente originariamente responsabile ha comunque effetto anche nei confronti degli enti indicati (art 70)
(Maurizio Arena)

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