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I procedimenti speciali per l'ente

Il d.lg n. 231 del 2001 disciplina, anche se con ampio rinvio al codice di procedura penale, alcuni procedimenti speciali, che consentono all'ente di evitare il dibattimento e di ottenere una riduzione della sanzione amministrativa: rito abbreviato, c.d. patteggiamento, procedimento per decreto.
Il d.lg n. 231 del 2001 disciplina, anche se con ampio rinvio al codice di procedura penale, alcuni procedimenti speciali, che consentono all'ente di evitare il dibattimento e di ottenere una riduzione della sanzione amministrativa: rito abbreviato, c.d. patteggiamento, procedimento per decreto.
- I rapporti con la legge-delega
Il legislatore delegato - nel silenzio della legge n. 300 del 2000 - ha ritenuto di valorizzare la ratio deflattiva di questi procedimenti, adattandoli al procedimento di accertamento della responsabilità dell'ente.
Rispetto a questa esigenza non è stata ritenuta ostativa la previsione della legge- delega che esclude la possibilità di pagamenti in misura ridotta (art 11 lett. g), in realtà riferendosi ad istituti analoghi all'oblazione.
Inoltre, come evidenziato nella relazione di accompagnamento, non sussiste il pericolo di una duplicazione delle ipotesi di diminuzione della sanzione: la riduzione della sanzione che deriva dall'adozione dei modelli di organizzazione e gestione, dopo la commissione del reato ma prima dell'apertura del dibattimento (art 12 d.lg. 231), riveste carattere sostanziale e non deriva dall'operatività di strumenti processuali, quali i riti alternativi.
- Il giudizio abbreviato
Per quanto riguarda il giudizio abbreviato, si osservano le disposizioni del titolo I del libro sesto c.p.p. (artt 438 ss.) in quanto applicabili, ovvero se manca l'udienza preliminare, si applicano, secondo i casi, le disposizioni degli articoli 555 comma 2 (richiesta di rito abbreviato a seguito di citazione diretta a giudizio), 557 (richiesta di rito abbreviato in sede di opposizione a decreto di condanna) e 558, comma 8 (richiesta di abbreviato subito dopo l'udienza di convalida).
La riduzione "secca" della sanzione di cui all'articolo 442 comma 2 c.p.p., e' operata sulla durata della sanzione interdittiva e sull'ammontare della sanzione pecuniaria.
In ogni caso, il giudizio abbreviato non e' ammesso quando per l'illecito amministrativo e' prevista l'applicazione di una sanzione interdittiva in via definitiva.
Si tratta di una deroga alla disciplina ordinaria, che, come noto, consente l'abbreviato anche per i reati punibili con l'ergastolo.
Secondo la relazione "la trasformazione della sanzione da definitiva a temporanea potrebbe frustrare l'esigenza a fondamento della previsione della definitiva estromissione dal mondo giuridico di enti che abbiano commesso, in via reiterata, gravissimi illeciti".
Anche l'ente potrà chiedere il rito abbreviato "condizionato", cioè subordinato ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione (art 438 comma 5 c.p.p.).
Si ricordi infine che con la legge 479/1999 sono state ampliate le possibilità di appello nei confronti della sentenza emessa in esito a rito abbreviato: in sostanza l'imputato - e quindi l'ente - non può proporre appello soltanto contro le sentenze di proscioglimento al fine di ottenere una diversa formula.
- L'applicazione della sanzione su richiesta
L'applicazione all'ente della sanzione su richiesta (patteggiamento) e' ammessa se il giudizio nei confronti dell'imputato e' definito ovvero definibile ex art 444 c.p.p., nonche' in tutti i casi in cui per l'illecito amministrativo è prevista la sola sanzione pecuniaria.
Anche per questo procedimento la riduzione prevista dall'art 444 comma 1 c.p.p. e' operata sulla durata della sanzione interdittiva e sull'ammontare della sanzione pecuniaria.
Il giudice, se ritiene che debba essere applicata una sanzione interdittiva in via definitiva, rigetta la richiesta.
Si osservano le disposizioni di cui al titolo II del libro sesto c.p.p. (artt 444 ss.), in quanto applicabili: in particolare per quanto riguarda i poteri del giudice (previa valutazione della sussistenza di cause di proscioglimento ex art 129 c.p.p.; corretta qualificazione giuridica; corretta comparazione della circostanze; congruità della sanzione) e i termini per la presentazione della richiesta.
Ovviamente non rileva la previsione della possibilità di subordinare l'efficacia della richiesta di patteggiamento alla concessione della sospensione condizionale della sanzione, in quanto si tratta di istituto non contemplato dal d.lg. 231.
Si ricordi che nei casi in cui è prevista l'udienza preliminare, il patteggiamento può essere chiesto prima dell'apertura del dibattimento solo se la richiesta presentata durante l'udienza preliminare non ha ricevuto il consenso del P.M. o se è stata rigettata dal G.U.P.
La sentenza che applica la sanzione non è menzionata nei certificati dell'Anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative.
- Il procedimento per decreto
Il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare la sola sanzione pecuniaria, puo' presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data dell'annotazione dell'illecito amministrativo nel registro di cui all'articolo 55 (termine ordinatorio, ndr), richiesta motivata di emissione del decreto di applicazione della sanzione pecuniaria, indicandone la misura: quest'ultima può essere diminuita sino alla meta' rispetto al minimo dell'importo applicabile.
Il giudice, quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di esclusione della responsabilita' dell'ente, restituisce gli atti al pubblico ministero.

Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto (artt 459 ss.) e dell'art 557 c.p.p. (procedimento per decreto per i reati di competenza del Tribunale in composizione monocratica), in quanto compatibili.

In particolare è proponibile opposizione secondo la disciplina ordinaria (artt 461-464 c.p.p.): si ricordi soprattutto che solo contestualmente all'atto di opposizione si possono chiedere rito abbreviato e patteggiamento.
Il decreto definitivo non è menzionato nei certificati dell'Anagrafe
- Il rito direttissimo e il rito immediato
La relazione evidenzia la possibilità di svolgimento del processo secondo le forme del rito direttissimo o del rito immediato, caratterizzati dal salto dell'udienza preliminare o addirittura delle indagini, nei casi di evidenza probatoria.
Il giudizio direttissimo nei confronti dell'ente è praticabile solo nell'ipotesi di confessione dell'illecito da parte del rappresentante, non essendo ovviamente ipotizzabile l'arresto dell'ente medesimo (cfr. art 449 c.p.p.).
Nessun particolare problema per quanto riguarda il rito immediato.
L'ente, analogamente all'imputato, può decidere di rinunciare all'udienza preliminare, chiedendo il dibattimento (art 419 comma 5 c.p.p.)
Il P.M., dal canto suo, può chiedere il rito immediato nei casi in cui la prova appare evidente, in seguito ad interrogatorio dell'ente - sempre per il tramite di una persona fisica - o almeno ad infruttuoso invito a rendere interrogatorio.
Secondo le regole generali (art 456 c.p.p.), il decreto che dispone il giudizio immediato contiene l'avviso che l'ente potrà chiedere l'abbreviato o il patteggiamento.
Va tuttavia rilevato che in concreto, verosimilmente, si cercherà di mantenere il simultaneus processus e quindi di tenere insieme - anche nelle ipotesi di riti alternativi - la persona fisica e l'ente.
- I problemi derivanti dalla separazione dei processi
Nelle ipotesi in cui non fosse possibile la trattazione unitaria, si procederà alla separazione dei procedimenti, con notevoli difficoltà in ordine al collegamento probatorio comunque necessario.
Come è noto si procede separatamente per l'illecito amministrativo dell'ente quando il procedimento (nei confronti della persona fisica, ndr) e' stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena ai sensi dell'art 444 c.p.p., ovvero e' stato emesso il decreto penale di condanna (art 38 d.lg. 231).
Riassume incisivamente le problematiche poste dalla conduzione separata dei giudizi P. Ferrua (Dir. Pen. proc., 12/2001, 1480):
"... il passaggio da un processo all'altro non è automatico, ma subordinato alle rigorose condizioni fissate dall'art 238 c.p.p. e, in particolare, alla regola per cui i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati contro l'imputato soltanto se il suo difensore ha partecipato all'assunzione (comma 2 bis); situazione che per l'ente potrebbe avverarsi solo in quanto avesse già partecipato come responsabile civile al processo contro la persona fisica".
Inoltre "anche la definizione di un processo con sentenza irrevocabile non determina necessariamente l'esito dell'altro, poiché l'efficacia del giudicato penale è limitata al giudizio civile, amministrativo e disciplinare; le sentenze acquisite ex art 238 bis c.p.p. devono essere  valutate a norma degli artt 187 e 192 comma 3 c.p.p.".
Ad avviso di chi scrive, quanto più si equipara l'ente all'imputato e la relativa responsabilità a quella penale in senso stretto, tanto più si dovranno estendere all'ente le garanzie del giusto processo.
In primis la garanzia della terzietà-imparzialità del giudice, in concreto attuata con il sistema delle incompatibilità e gli istituti dell'astensione  della ricusazione.
In breve: il giudice che decida in relazione all'imputato, diviene incompatibile a proseguire nei confronti dell'ente?
Ci si riferisce ad esempio all'ipotesi tipica del G.U.P. che applica la pena patteggiata - o che presiede al rito abbreviato - all'amministratore: questo giudice può decidere poi sulla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell'ente?
Una (tentata) risposta nel prossimo articolo, sulle problematiche derivanti dalla separazione dei processi.
(Maurizio Arena)

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