Newsletter Antiriciclaggio su Linkedin


News e approfondimenti su repressione e prevenzione del riciclaggio. Ogni due settimane su Linkedin.

Iscriviti su LinkedIn

 

La "moralità" d'impresa: D.lg. 231 e qualifica del General Contractor




L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici si è espressa sul rilievo delle sanzioni interdittive ex d.lg. 231 ai fini dell'esclusione dagli appalti pubblici.

Il D

Il D.lg. 10 gennaio 2005 n. 9 disciplina la qualificazione dei c.d. general contractors delle opere strategiche e di preminente interesse nazionale.

Il decreto in esame va ad integrare il d.lg. 190/2002, mediante l’inserimento, nel corpo di quest’ultimo, del Capo II bis.

In particolare i nuovi artt 20 quater e 20 quinquies disciplinano i requisiti generali e i requisiti specifici per la suddetta qualificazione.

Ebbene, per quel che qui interessa, l’art 20 quater rinvia all’art 17 del DPR 34/2000 (come modificato dal DPR 93/2004), il quale, a sua volta, disciplina la qualificazione degli esecutori di lavori, ai sensi della legge quadro 109/1994, da parte delle SOA.

 

- La qualificazione dei contraenti generali

Come è noto, a decorrere dal 1° gennaio 2000, i lavori pubblici possono essere affidati esclusivamente a soggetti qualificati (ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art 9 legge 109) e non esclusi dalle gare per “inaffidabilità morale, finanziaria e professionale”.

Già all’atto della qualificazione, le imprese, appunto ai sensi dell’art. 17 menzionato, oltre ai requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi, devono dimostrare di possedere requisiti di carattere generale che attengono, più propriamente, all’indicata affidabilità morale, economica e professionale dell’esecutore.

Con determinazione 12 ottobre 2000, n. 47, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha stabilito quale deve essere la documentazione mediante la quale i soggetti che intendono qualificarsi dimostrano l’esistenza dei prescritti requisiti d’ordine generale.

Questi requisiti, inerenti all’affidabilità del contraente, oltre a dover sussistere alla data di sottoscrizione del contratto per il rilascio dell’attestazione di qualificazione, devono permanere al momento della partecipazione alle specifiche procedure di affidamento e di stipulazione dei contratti.

Ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. n. 554/1999 (nel testo introdotto dall’art. 2 del D.P.R. 30 agosto 2000, n. 412), vanno, infatti, esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti le imprese che versano in una delle situazioni di incompatibilità ivi elencate (1).

In base al disposto di cui all’art. 8, comma 7, della legge n. 109/1994, il potere di esclusione dalle gare, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2000, compete alle stazioni appaltanti (2).

In particolare, vanno esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti “nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale (3), per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale”; “il divieto opera se la sentenza è stata emessa nei confronti del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa  individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di impresa in nome collettivo o in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio”. “In ogni caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di avere adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata”.  “Resta salva in ogni caso l’applicazione dell’art. 178 del codice penale (concernente la concessione della riabilitazione) e dell’art. 445, comma 2, del codice di procedura penale” (riguardante l’estinzione del reato per decorso del termine in caso di pena patteggiata) (art. 75, comma 1, lett. c) del D.P.R. n. 554/1999 e successive modificazioni).

 

- Gli illeciti ostativi alla partecipazione alle gare

Particolarmente complessa è l’individuazione dei reati che sono considerati incidenti sull’affidabilità morale e professionale dell’imprenditore e delle modalità attraverso le quali può essere dimostrata la mancata ricorrenza della condizione in esame (4).

Quanto alla prima questione, va richiamata la determinazione dell’Autorità n. 56 del 13 dicembre 2000 che (concordando con le indicazioni di cui alla circolare del Ministero dei lavori pubblici del 1° marzo 2000, n. 182/400/93), ha ritenuto che influiscono sull’affidabilità morale e professionale del contraente i reati contro la pubblica amministrazione (libro secondo, titolo II, del codice penale), l’ordine pubblico (libro secondo, titolo V, del codice penale), la fede pubblica (libro secondo, titolo VI, del codice penale), il patrimonio (libro secondo, titolo XIII, del codice penale) e, comunque, quelli relativi a fatti la cui natura e contenuto sono idonei ad incidere negativamente sul rapporto fiduciario con la stazione appaltante per la inerenza alla natura delle specifiche obbligazioni dedotte in contratto (5).

Tuttavia, la mancanza di parametri fissi e predeterminati e la genericità della prescrizione normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale per la stazione appaltante che consente alla stessa margini di flessibilità operativa al fine di un apprezzamento delle singole concrete fattispecie, con considerazione di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia contrattuale, quali ad. es. l’elemento psicologico, la gravità del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive (6).

Sotto diverso punto di vista, secondo l’Autorità, non potrà essere fatta alcuna valutazione discrezionale, dovendosi automaticamente escludere il concorrente, nel caso di applicazione della pena accessoria, ex art 32 quater c.p., dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, nonché in quello di irrogazione di sanzione interdittiva nei confronti della persona giuridica ai sensi del D.Lg. 8 giugno 2001 n. 231, per reati contro la pubblica amministrazione o il patrimonio commessi nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica medesima (7).

 

- Alcune osservazioni sul rilievo, in subiecta materia, delle sanzioni ex d.lg. 231

Secondo l’Autorità, pertanto, l’irrogazione di sanzioni interdittive comporta l’esclusione automatica dalla gara.

Innanzitutto il dubbio se il riferimento operato all’”irrogazione di una sanzione interdittiva” comprenda anche l’applicazione in sede cautelare della sanzione medesima, deve essere risolto negativamente: sulla falsariga di quanto previsto per la persona fisica dall’art 75 citato, rileverà soltanto la sentenza definitiva di applicazione della sanzione interdittiva.

In secondo luogo, sorge immediata la domanda: perché non viene presa in considerazione anche l’irrogazione della sanzione pecuniaria (che è la sanzione principale ed indefettibile a carico dell’ente collettivo)?

La terza osservazione: non sembra corretta la menzione dei soli reati contro la P.A. o il patrimonio (ex artt 24 e 25 d.lg. 231): alcuni reati contro l’ordine pubblico (seppur in senso non tecnico), connessi all’eversione dell’ordine democratico o al finanziamento del terrorismo, ben potrebbero essere considerati rilevanti per escludere un persona giuridica da un appalto pubblico.

In realtà, ben più a monte di queste considerazioni, v’è da riflettere sulla legittimità stessa di quanto affermato dall’Autorità nella determinazione 13/2003.

Di fatto viene sancita una terza sanzione extra legem: un ente condannato ex d.lg. 231 può essere escluso da un appalto pubblico in applicazione analogica dell’art 75 D.P.R. 554/1999.

Chi scrive è senz’altro favorevole al meccanismo di esclusione delle imprese “immorali”, purchè proprio siffatta “immoralità” sia cristallizzata dallo stesso D.P.R. 554; in altri termini, per esigenze di certezza e di garanzia, dovrebbe prevedersi espressamente che l’applicazione definitiva di una sanzione (da valutarsi se solo interdittiva o anche pecuniaria) all’ente ex d.lg. 231 (indicando per quali reati), comporta l’esclusione dalla gara.

 

- L’autocertificazione dell’assenza di sanzioni

La legge 16 gennaio 2003, n. 3, in tema di disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione, ha introdotto, nel corpo del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, l’art. 77 bis, in base al quale le disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certifìcazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall’art.78.

Ne consegue che la presentazione di dichiarazione sostitutiva è ormai consentita anche con riferimento alla cause di esclusione di cui all’art. 75, comma 1, lettere b) e c).

Saranno, pertanto, le stazioni appaltanti a dover effettuare, ai sensi del disposto di cui all’art. 71, comma 1, del D.P.R. n. 445/2000, i necessari controlli sulla veridicità delle autodichiarazioni (8).

Sulla questione va aggiunto che l’art 49 del Testo Unico sul casellario giudiziale e sull’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato (D.P.R. 313/2002), modificando l’art 46, comma 1, del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, ha inserito la seguente lettera:

bbb) di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.

In altri termini l’ente potrà autocertificare di non aver subito l’irrogazione di tali sanzioni (e, si noti, in questo caso di parla di sanzioni amministrative tout court). Ebbene: ci si riferisce soltanto alle sentenze e ai decreti di condanna – solo i quali, a stretto rigore, “applicano” le sanzioni di cui al d.lg. 231 - o anche ai provvedimenti con i quali il giudice applica in via cautelare le sanzioni interdittive?

Infine, i requisiti ostativi valgono anche per le imprese stabilite sul territorio degli Stati membri dell’Unione Europea: del resto, le imprese con sede all’estero possono essere assoggettate al d.lg. 231 (limitatamente all’attività svolta in Italia), anche con riferimento all’applicazione di misure cautelari interdittive (9).

 

- Il collegamento non necessario dell’illecito con l’interesse dell’impresa

Secondo la Determinazione n. 13/2003, sarebbe poi irrilevante la circostanza che la condanna dell’amministratore o del direttore tecnico sia intervenuta per fatti antecedenti alla data di assunzione nell’incarico, ovvero per fatti non correlati ad eventuale interesse o vantaggio dell’impresa.

Non risulterebbe ostativa a questa interpretazione – sempre secondo l’Autorità - la normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

Se è vero, infatti, che la responsabilità dell’ente può essere riconosciuta soltanto con riferimento a reati commessi nel suo interesse od a suo vantaggio, è altrettanto vero, tuttavia, che di una tale limitazione non vi è traccia nel citato art. 75, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 554/1999, il quale estende – automaticamente - all’impresa l’affievolimento, derivante dalla sentenza penale di condanna, della moralità occorrente per la partecipazione alle gare d’appalto.

Ciò in quanto la condanna penale dei titolari, amministratori o del direttore tecnico delle imprese, costituisce circostanza incidente sull’affidabilità morale dell’impresa nel suo complesso: per la rilevanza ed il ruolo del condannato nell’organizzazione aziendale e per le decisioni da esso assunte, la “moralità” complessiva dell’impresa verrebbe ad attenuarsi con conseguente limitazione della capacità alla partecipazione alle gare ed alla stipulazione dei contratti di appalto (10).

Sussiste preclusione alla partecipazione alle gare anche in ipotesi di condanne del direttore tecnico o amministratore in epoca anteriore all’assunzione in carica nell’impresa, ritenendosi, quindi, ininfluente il fatto che la condanna dello stesso sia o meno temporalmente e funzionalmente correlata alla carica ricoperta in seno all’impresa.

Così come sembra ininfluente la circostanza che l’impresa abbia cessato di avvalersi dell’amministratore o del direttore tecnico condannati, a meno che non dimostri di averli per tale ragione estromessi dall’incarico, dando così prova di dissociazione dalla relativa condotta criminosa.

 

(Maurizio Arena)

 

NOTE

 

1)      Situazioni di incompatibilità le quali, in caso di partecipazione di imprese associate ovvero tra loro consorziate o che intendano associarsi o consorziarsi (ATI, consorzi, GEIE), rilevano per tutte le imprese facenti parte dell’associazione o consorzio, in quanto la collaborazione tra le imprese non può implicare una deroga alla regola della necessaria affidabilità morale, professionale e tecnica di tutti i soggetti contraenti a qualsiasi titolo con l’amministrazione.

2)      Va poi richiamata, per completezza di analisi, la disciplina relativa al “Casellario informatico delle imprese qualificate”, nel quale vanno inseriti dati e notizie concernenti le imprese e rilevanti al fine della ammissione alle gare e che sono a disposizione di tutte le stazioni appaltanti per l’individuazione delle imprese nei cui confronti sussistono cause di esclusione dalle procedure di affidamento di lavori pubblici” (art. 27, comma 5, D.P.R. n. 34/2000).

3)      La disposizione in esame non fa riferimento esplicito alle condanne inflitte con decreto penale. Al riguardo, in conformità all’orientamento del giudice amministrativo di appello (Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2002, n. 5523), le condanne che incidono sull’affidabilità morale e professionale, indipendentemente dalla modalità di irrogazione della sanzione, stante la formula generica adoperata dall’art. 75, consentono all’Amministrazione una valutazione discrezionale del caso concreto per stabilire la rilevanza o meno di una data condanna penale, ancorché questa sia estranea alla qualità dell’imprenditore. Dal che consegue l’obbligo per il partecipante alle gare di dichiarare anche i decreti penali di condanna.

4)      Determinazione n. 13/2003  del 15 luglio 2003

5)      Invece l’insussistenza di carichi pendenti non è requisito di carattere generale che deve essere dimostrato dai soggetti interessati

6)      Siffatta discrezionalità è, in parte, limitata dalla previsione della norma secondo cui è fatta salva, in ogni caso, l’applicazione degli artt. 178 del codice penale e 445 del codice di procedura penale, riguardanti, rispettivamente, la riabilitazione e l’estinzione del reato per decorso del tempo nel caso di applicazione della pena patteggiata.

7)      Il riferimento è agli artt 24 e 25 d.lg. 231, che indicano le sanzioni per l’ente in relazione ai reati contro la P.A. e contro il patrimonio della P.A.. L’eventuale dubbio sulla rilevanza a questi fini delle condotte di ostacolo alla vigilanza della pubblica Autorità preposta (art 2638 c.c.) va immediatamente fugato, dal momento che tale delitto non consente – come tutti i c.d. reati societari – l’applicazione di sanzioni interdittive.

8)      Tali controlli, se relativi a dichiarazioni sostitutive di certificazione, andranno effettuati con le modalità di cui all’art. 43 del D.P.R., e cioè consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante, oppure chiedendo alla stessa, anche a mezzo di strumenti informatici o telematici, conferma scritta della rispondenza tra quanto autodicharato alle risultanze dei registri da essa custoditi.

9)      E’ quanto affermato dal Tribunale di Milano nel noto caso Siemes AG, in relazione a fatti di corruzione commessi in Italia nell’interesse della holding con sede in Germania.

10)  Come rilevato dalla giurisprudenza, tale limitazione si protrae per i tre anni successivi dalla cessazione della carica del soggetto condannato, con la possibilità, tuttavia, per l’impresa interessata e con riferimento a detto triennio di interrompere il nesso di identificazione adottando “atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata” tenendo conto, in particolare, che il recupero dell’affidabilità dell’impresa non avviene automaticamente per effetto della semplice sostituzione del soggetto inquisito, occorrendo al riguardo anche una completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata al fine di evitare una considerazione negativa per il triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara come precisato nella seconda parte dell’art. 75, comma 1, lett. c) D.P.R. n. 554/1999 (Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2002, n. 5523).

In libreria

Il tema della sicurezza alimentare spiegato attraverso una vasta selezione di casi pratici, norme e indicazioni, rivolte sia agli operatori che ai consumatori.

In libreria: "La responsabilità da reato delle piccole imprese"

Il volume riassume orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, oltre a un necessario inquadramento normativo e di best practice del tema, tenendo anche conto dei profili repressivi e preventivi.

Copyright