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Tribunale Milano, 27 aprile 2004 (caso Siemens AG)



TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Ufficio del Giudice per le indagini preliminari
Dott. Guido Salvini

ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURA INTERDITTIVA
- artt 45 e segg. D.lg. 231/2001 -

Omissis
PREMESSA
Con il decreto legislativo 8 giugno 2001 11.231, in attuazione della delega conferita al Governo con l'art. 11 della Legge n. 300/2000, è stata dettata la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati commessi da propri funzionari, prevedendo anche la possibilità che, nel corso del procedimento penale, all'ente possa essere applicata, quale misura cautelare, una delle sanzioni interdittive previste dall'art. 9, comma 2 del D.Lgs. n. 231/01, tra le più gravi delle quali vi è il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione.
Si ricordi che tale provvedimento legislativo trova la sua genesi primaria in Convenzioni internazionali e comunitarie, che impongono di prevedere la responsabilità delle persone giuridiche, quali la Convenzione di Bruxelles siglata il 26/7/1995 e i suoi Protocolli siglati il 27/9/1996 e il 29/11/1996 e la Convenzione dell'OCSE sulla Lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, siglata a Parigi il 17/12/1997.
Tutte tali convenzioni, per quanto di riflesso del presente procedimento, sono state ratificate dall'Italia e dalla Germania e, pur nella diversità delle norme attuative, costituiscono dunque diritto positivo e fonte di obblighi per entrambi i Paesi.
Affinché sia possibile applicare una misura interdittiva, è necessario che sussistano i requisiti dettati dagli artt. 45 e ss. d.lgs. 231/01, nonché, secondo l'interpretazione prevalente, una delle condizioni previste dall'art. 13 d.lgs. 231/01.   .
Di conseguenza si dovrà verificare la sussistenza in concreto di:
1.  gravi indizi di responsabilità dell‘ente (art. 45 d.lgs. 231/01);
2.  concreto pericolo che vengano commessi reati della stessa indole di quello per cui si procede (art. 45 d.lgs. 231/01);
3.  profitto di rilevante entità tratto dall'ente in conseguenza del delitto per il quale si procede oppure reiterazione di reati (art. 13 d.lgs. 231/01).
I GRAVI INDIZI IN ORDINE ALLA RESPONSABILITA' DELL'ENTE PER ILLECITO AMMINISTRATIVO DIPENDENTE DA REATO
Perché a carico di Siemens AG possano dirsi sussistenti gravi indizi di responsabilità per l'illecito amministrativo dipendente dal reato per il quale sono indagati V., D. e B., si tratterà quindi di stabilire:
A) se V., D. e B. appartengano ad una delle categorie soggettive individuate dall'art. 5 d.lgs. 231/01, e non abbiano agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi;
B) se sussistano gravi indizi di colpevolezza a carico di V., D. e B. per i reati loro ascritti, che devono appartenere al novero di quelli ritenuti dal legislatore astrattamente idonei a fondare la responsabilità amministrativa dell' ente di appartenenza ai sensi degli artt. 24-26 d.lgs. 231/01;
C) qualora V., D. e B. siano effettivamente qualificabili come persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di soggetti in posizione apicale (art. 5, comma l, lett. b) d. 19s. 231/01), la sussistenza delle condizioni richieste dall' art. 7 d. lgs. 231/01.
Un primo requisito legittimante l'applicazione della misura interdittiva è l'appartenenza degli indagati ad una delle categorie di cui all'art. 5 D.Lgs 231/01, quale criterio di imputazione soggettiva.
Ai fini dell'applicabilità del d. lgs. 231101,V., B. e D. rientrano, per qualifIca e per ruolo, nella categoria delle "persone sottoposte alla direzione e alla vigilanza" di soggetti che, nell' ambito SIEMENS AG, rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione e direzione dell'ente (art. 5 lett. b) d. lgs. 231/01).
Sul punto si rinvia all'organigramma della SIEMENS POWER GENERATION, prodotto da Z. G. nel corso della deposizione in data 13.10.2003 [all m) al verbale] e si richiamano le convergenti dichiarazioni degli indagati C. e G. (di seguito riportate), le quali trovano pieno riscontro nelle dichiarazioni di Z., che ha, a sua volta, indicato D. e B. quali interlocutori nella predisposizione dell'offerta di gara e nei rapporti nell'ambito dell'ATI ANSALDO-SIEMENS.
Inoltre, precisi riscontri documentali si evincono dall'agenda di C. e dai biglietti da visita sequestrati agli indagati e prodotti da Z.
Nel caso in esame, appare anche evidente la sussistenza dell'ulteriore condizione prescritta dall'art. 5 d.lgs. 231/01 per fondare la responsabilità amministrativa dell'ente, e cioè che gli indagati non devono aver commesso il reato per cui si procede nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Le condotte degli indagati dimostrano, infatti, che essi agirono nell'interesse prevalente, se non addirittura esclusivo, (non potendosi comunque escludere una ricompensa per i funzionari che hanno posto in essere con successo l'opera di corruzione) di SIEMENS AG. L'accordo corruttivo intercorso tra V., B., D., C. e G. era finalizzato a garantire a SIEMENS AG - come poi è avvenuto - l'aggiudicazione di un contratto per la fornitura di turbine a gas del valore complessivo di euro 204.875.000, oltre alla futura attività di manutenzione (c.d. service) dei macchinari venduti a EP in forza di tale contratto. Si noti che, per la specificità e complessità degli interventi di manutenzione, gli stessi non possono che essere eseguiti dal fornitore originario; e cioè, nel caso di specie, da SIEMENS AG o dalla licenziataria ANSALDO.
Non vi è allo stato delle indagini alcun elemento per ritenere che la finalità dell'accordo corruttivo stipulato dagli indagati fosse diversa da quella di procurare illecitamente un consistente vantaggio a SIEMENS; in tal senso sono del resto esplicite le dichiarazioni rese a più riprese da G. e C. e riportate più avanti.
Ad ulteriore conferma del fatto che V., B, e D. abbiano agito nell'interesse e a vantaggio di SIEMENS AG, va sottolineato che il pagamento delle tangenti sopra elencate è avvenuto utilizzando conti correnti. riservati sicuramente riferibili a SIEMENS e non certo ai singoli indagati.
Tale conc1usione è determinata non solo dall'ingénte ammontare delle risorse erogate a titolo di tangenti (difficilmente riconducibili alle disponibilità personali di singoli funzionari o consulenti), ma anche dal tenore delle dichiarazioni di G. e C..
Omissis
Il secondo requisito legittimante l'applicabilità della misura interdittiva ad una società è la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei funzionari o di coloro che comunque operavano a nome della società                                                                                                                                                    ‘
In proposito V., B. e D. sono gravemente indiziati di aver commesso il reato di corruzione di seguito descritto. Sono indagati cioè per: "il delitto p.p. dagli artt. 110, 81 cpv., 321, 319, 319 bis C. P. , perché, in concorso tra loro e con altri allo stato non identificati, in esecuzione di un unico disegno criminoso,
-         il primo quale consulente della SIEMENS AG;
-         il secondo quale direttore commerciale della SIEMENS AG;
-         il terzo quale dirigente e, successivamente, quale direttore esecutivo della SIEMENS;      
per favorire la SIEMENS AG, che operava in ATI con Ansaldo Energia S.p.A. ed Ansaldo Caldaie S.p.A., nell'aggiudicazione di una serie di forniture di turbine a gas per il programma di riconversione delle centrali di ENEL Produzione [EP], a seguito di gare indette da ENELPOWER [EPW] su commissione di EP, concordavano con C., amministratore delegato di EP e con G., amministratore delegato di EPW, le illecite erogazioni che, provenienti da conti accesi presso la LIECHTENSTEINISCHE LANDESBANK AKTIENGESELLSCHAFT di Vaduz (Liechtenstein) e la EMIRATES BANK INTERNATIONAL - comunque riferibili a SIEMENS -, pervenivano su conti riservati degli stessi C. e G., dopo essere transitate, nei tempi e nei modi specificati nelle sopra riportate tabelle, sui conti della Società estera ...    .
Con l'aggravante di aver commesso il fatto nella stipulazione di contratti di jornitura.
A Milano sino al maggio 2002".
E' sufficiente in questa sede rilevare che l'art. 25 d.lgs. 231/01 prevede la responsabilità amministrativa dell'ente di appartenenza qualora i soggetti di cui all'art. 5 abbiano commesso (tra gli altri) delitti di corruzione, e che nelle ipotesi di cui agli artt. 319, 319-bis, 321 c.p. - contestate agli indagati - può anche essere applicata una delle misura cautelari interdittive di cui all' art. 9 d.lgs. 231/01.
Gli indizi di colpevolezza a carico degli indagati sono desumibili dalla attività investigativa svolta nell'ambito del procedimento penale che, sviluppatosi a partire dall'inizio del 2003 ha già portato all'arresto o all'incriminazione e quindi alle successive dimissioni di tutto quello che in passato era lo staff dirigenziale di Enelpower e di Enel Produzione.
Omissis
Quanto al terzo requisito relativo alla sussistenza delle ulteriori condizioni di cui agli artt. 5 e 7 del D.lgs. n. 231/01 e cioè la mancata adozione ed efficace attuazione di un modella organizzativo idoneo ad evitare reati quali quelli verificatisi.
Perché possa configurarsi la responsabilità dell' ente per reati commessi da soggetti sottoposti all'altrui direzione e vigilanza, (art. 5, comma l, lett. b)), è necessario che, ai sensi dell'art. 7, la commissione del reato sia stata resa possibile dalla violazione degli obblighi di vigilanza e controllo alla cui osservanza la struttura è tenuta. 
Nel caso in esame, non solo può escludersi che SIEMENS AG abbia efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo dell'attività societaria idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (modello che, se adottato e diligentemente attuato avrebbe garantito all'ente un'esenzione di responsabilità per i reati ciò nonostante commessi dai propri funzionari: art. 7, commi 2, 3, 4), ma  sembra addirittura potersi ritenere che l'ente si sia reso ispiratore e complice dei reati_ascritti a  V., B. e D. (1)
Le modalità con le quali l'azione corruttiva è stata condotta dai funzionari SIEMENS (interposizione nell'erogazione della tangente di un soggetto terzo e cioè ... al fine di rendere più difficoltosa l'individuazione della fonte del pagamento; periodicità dei pagamenti, "scadenzati" in funzione del procedere della gara e dell' effettuazione della fornitura), nonché, ­anzi, soprattutto la preesistenza di conti e fondi riservati riferibili a SIEMENS AG utilizzabili (e utilizzati) per la commissione di reati, dimostrano, infatti, non solo , l'assoluta inefficacia del modello di controllo adottato da SIEMENS e l'inattività degli organi preposti a verificarne l'osservanza., ma , anche che l'ente considerava l'erogazione quantomeno come una possibile strategia imprenditoriale, per l'attuazione della quale aveva anche proceduto alla costituzione di "fondi neri"
Secondo quanto dichiarato da G. furono gli stessi dirigenti S. indagati a rappresentargli la necessità, dapprima, di smobilizzare disponibilità extracontabili della SIEMENS in Liechtenstein e, successivamente, di utilizzare disponibilità riservate allocate negli Emirati Arabi; furono sempre gli stessi dirigenti SIEMENS indagati a richiedere, quindi, un' operazione di riciclaggio per impedire di ricostruire la provenienza delle somme impiegate.
Pertanto, si può agevolmente concludere per la sussistenza di elementi in ragione dei quali ritenere integrato il criterio di imputazione soggettiva dell'illecito amministrativo derivante da reato in capo all' ente di appartenenza degli indagati, secondo i parametri di cui all' art. 7 d. lgs. 231/01.
IL PERICOLO DI REITERAZIONE DEL REATO
Molteplici elementi consentono, poi, di ritenere sussistente nei conftonti di SIEMENS AG l'esigenza richiesta dall'art. 45 d. lgs. 231/01 per l'applicazione in via cautelare e provvisoria delle sanzioni interdittive di cui all' art. 9 del medesimo decreto e cioè il pericolo di reiterazione del reato
Il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede risulta essere concreto e attuale se si considera che le condotte criminose contestate agli indagati sono state poste in essere con modalità tali da far supporre, come è già stato evidenziato, che 1'erogazione di tangenti sia considerata da SIEMENS AG una via percorribile nell'acquisizione di commesse. Gli episodi di corruzione ascritti ai funzionari SIEMENS mostrano infatti che l'ente ha la disponibilità di conti costituiti ed alimentati con modalità "extra bilancio". Peraltro dell'attuale consistenza di tali conti nulla è dato sapere fino a che non perverranno gli esiti delle commissioni rogatoriali così come dei loro meccanismi di alimentazione. Nemmeno risulta che tali conti siano stati chiusi e neppure può ritenersi verosimile che i conti "scoperti" siano i soli extra bilancio attraverso i quali operi SIEMENS. Si noti, altresì, che l'ente ha pensato bene di utilizzare schermi assai efficaci per escludere la riferibilità a sé delle risorse utilizzate per la corruzione degli amministratori Enel. Come risulta dalle dichiarazioni di G. e C., riportare nel paragrafo precedente, sono stati i funzionari SIEMENS a rappresentare di dirigenti ENEL l'opportunità che le illecite dazioni di denaro non pervenissero direttamente sui conti personali di G. e C. , ma venissero mascherate tramite l'interposizione di un terzo soggetto, concretamente individuato da G. nella persona di A. N. .
In un contesto di tal genere, del quale - giova ripeterlo - quanto emerso finora nel corso delle indagini è verosimilmente solo una parte di uno scenario operativo più complesso per "uomini e risorse" il rischio che si verifichino nuovi episodi di corruzione pare concretamente fondato.
Con particolare riferimento, poi, ai rapporti SIEMENS - ENELPOWER, la volontà quanto meno prima dell'inizio delle indagini di reiterare il reato risulta ulteriormente rafforzata dalla circostanza che il contratto di fornitura di turbo gas in relazione al quale sono stati corrisposti i pagamenti illeciti non contemplava la definizione ab initio dei costi elevatissimi del servizio di assistenza e manutenzione dei macchinari per il quale Enelpower avrebbe dovuto nel tempo necessariamente rivolgersi a SIEMENS (o alla sua licenziataria ANSALDO).
Proprio il fatto che, diversamente da quanto ci si sarebbe potuto aspettare, il contratto di fornitura dei turbo gas non sia stato accompagnato da un servizio di manutenzione tipo Global Service con particolare riferimento alle parti di ricambio strategiche (tra cui le costosissime "palette" che devono essere periodicamente sostituite) e che in tale settore tecnologico la manutenzione futura costituisca un business enorme (si vedano sul punto le dichiarazioni di Z.) lascia intendere che SIEMENS ed ENELPOWER abbiano inteso volutamente lasciare una situazione contrattuale "aperta" nella quale, viste le precedenti erogazioni illecite, fosse possibile innestare in prospettiva l'erogazione di nuove somme "di denaro e quindi ripetere episodi di corruzione.
LE ULTERIORI CONDIZIONI LEGITTIMANTI L'APPLICABILITA' DELLA MISURA CAUTELARE INTERDITTIVA AI SENSI DELL' ART. 13 D.LGS 231/01
Relativamente al sistema cautelare configurato dal d. lgs. 231/01, quasi in assenza di pronunce giurisprudenziali, la dottrina prevalente ritiene che l'applicazione quali misure cautelari e "anticipatorie" delle sanzioni interdittive di cui all' art. 9 , - "normalmente" inflitte quali pene accessorie a seguito di sentenza definitiva di condanna - imponga all' autorità giudiziaria di verificare che anche in tale caso ricorrano non solo i presupposti tipicamente cautelari di cui all'art. 45, ora delineati, ma anche quelli contemplati all'art. 13 per l'irrogazione delle predette pene accessorie.
In altre parole, stante la natura sostanzialmente anticipatoria delle misure cautelari contemplate dal d. lgs. 231/01, perché esse possano trovare applicazione è necessario che venga accertata non solo la sussistenza dei presupposti "tipici" delle misure cautelari (gravi indizi di responsabilità e pericolo di reiterazione del reato), ma anche, sia pure entro i limiti propri della cognizione sommaria, la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 13 dello stesso decreto per la comminazione delle pene accessorie interdittive e - cioè - il profitto di rilevante entità tratto dalla società o la reiterazione degli illeciti.
Ciò premesso, il tenore letterale dell'art. 13 è chiaro nello stabilire che ai fini dell'applicabilità delle sanzioni interdittive è sufficiente che ricorra solo una delle due condizioni alternativamente richieste dalla norma: la reiterazione degli illeciti (art. 13, comma 1, lett b), oppure l'avere l'ente tratto dall'illecito un profitto di rilevante entità, qualora l'illecito stesso sia stato commesso da soggetti in posizione apicale all'interno dell'ente ovvero da soggetti sottoposti all' altrui vigilanza quando, in quest'ultimo caso, la commissione del reato sia stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative dell'ente (art. 13, comma 1, lett. a).
Nella vicenda in esame è agevole riscontrare la ricorrenza del requisito individuato dall'art. 13, comma 1, lett. a).
E' infatti pacifico che SIEMENS AG abbia tratto ingenti vantaggi dalle condotte corruttive poste in essere da V. , B. e D. .
Innanzitutto, a seguito dell' erogazione della tangente sopra descritta, come più volte già si è evidenziato, SIEMENS AG si è assicurata l'aggiudicazione di contratti del valore complessivo di € 362.853.000, contratti di entità tale da soddisfare di per sé il requisito del "profitto di rilevante entità" richiesto dall'art. 13 lett. a).
Oltre a consentire la conclusione del sopra menzionato contratto, la tangente erogata da SIEMENS ha anche assicurato alla stessa SIEMENS (o comunque alla sua licenziataria ANSALDO) la stipulazione dei futuri contratti di service  relativi ai macchinari forniti ad EP, ponendo peraltro SIEMENS e ANSALDO in una posizione contrattuale "forte" rispetto a quella di EP. Come già sopra evidenziato, nello stipulare il contratto di fornitura in relazione al quale V., B. e DIETRICH hanno corrisposto pagamenti illeciti, SIEMENS e EPW non concordarono ab initio le condizioni contrattuali del service di manutenzione che solo e necessariamente SIEMENS (o ANSALDO) avrebbero potuto garantire ad EP per l'intero ciclo vitale - almeno ventennale - delle turbine.
Omissis
Non può sfuggire in conclusione, sempre in tema di profitto, che esso, in contratti del genere che portano all' "occupazione" da parte di una società estera di un segmento di un settore così importante come l'energia, si identifica largamente nell'altissimo valore del monopolio raggiunto a discapito dei concorrenti, monopolio destinato a proiettarsi nel tempo con ingenti profitti.
La posta in gioco nella "ripowerizzazione" delle centrali Enel era assai alta (lo dimostra la stessa identità del "risarcimento" stipulato alla fine del 2003, in pendenza dell'udienza camerale, tra Siemens AG ed Enel quantificabile in un vantaggio per Enel di circa 180 milioni di Euro) e non è un caso che dopo gli accordi presi "a tavolino" con i tedeschi, C. e G. fossero particolarmente allarmati e premessero perché la procedura si concludesse rapidamente nel senso da essi voluto in quanto la GeneraI Electric, per il secondo gruppo di turbogas, aveva fatto un offerta alternativa a quella della Siemens, offerta particolarmente aggressiva e vantaggiosa, e vi era quindi il rischio che l'intero piano concordato saltasse (cfr. int. G. e int. C. con riferimento al rischio di "testa a testa" finale tra la Siemens AG e la GeneraI Electric).
Quanto poi all'ulteriore requisito richiesto dall'art. 13 per l'ipotesi in cui il reato sia stato commesso da soggetti sottoposti all' altrui direzione e vigilanza, e cioè che la commissione del reato deve essere stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative dell' ente, è sufficiente qui richiamare quanto detto nei paragrafi dedicati alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità e al rischio di reiterazione del reato.
Sembra poi indubbio che sia comunque presente, sempre con riferimento ai criteri di cui all'art. 13 D.L.vo 231/01, anche l'altra condizione che consiste nella reiterazione dei fatti illeciti.
Infatti vi sono state due gare, e due partite di pagamento, a loro volta suddivise in più tranches, relative alla fornitura delle prime 7 turbogas del 2000 e poi alla fornitura delle altre 5 turbogas 1'anno successivo senza ché minimamente influisca sulla sussistenza e apprezzabilità di tale reiterazione il fatto che, essendo appunto il primo contratto e la prima corruzione risalenti all'anno 2000, non possano rientrare nell'ambito di operatività qel D.L.vo 231/01 non ancora in vigore nel momento in cui si verificarono i primi episodi rievocati da C. e G..
E' particolarmente grave il fatto che la Siemens Ag, anche dopo che i reati commessi dai suoi
dirigenti sono divenuti di pubblico dominio, rimbalzando anche con grande risonanza sulla stampa e sui circuiti del settore, si sia arroccata, non abbia dato alcuna risposta e, tornando al problema del modello organizzativo, non sia preoccupata, nonostante i non pochi mesi trascorsi dalla scoperta dei fatti, di implementare il proprio modello organizzativo carente ed inadeguato, limitandosi in sostanza a rispondere implicitamente tramite le proprie argomentazioni difensive che non avverte l'esigenza di rispettare appieno la legge italiana.
Anche i due dirigenti D. e B., per quanto risulta, non sono stati sospesi o sottoposti a procedimenti disciplinari (nè, per inciso, hanno inteso rendere dichiarazioni) ma sono stati semplicemente oggetto di un mutamento di funzioni, spostandoli dalla divisione in cui operavano.
In proposito non deve sfuggire un rilievo concettuale desumibile dal sistema della normativa introdotta in tema di responsabilità delle persone giuridiche. La società infatti, diversamente dalle persone fisiche, ha un obbligo di rendersi adempiente allorquando venga scoperto o comunque prospettato un reato che la coinvolga. 
Infatti ai sensi dell'art. 7 n. 3 la società è tenuta, da un lato, "a scoprire ed eliminare tempestivamente le situazioni di rischio" e, d'altro lato, ai sensi dell'art. 17 lettera b), " ad eliminare le carenze organizzative mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi".     .
Ciò significa che una persona giuridica, soprattutto di tale rilievo in campo europeo ed internazionale, è tenuta a condotte obbligate ed ineludibili dopo che una certa situazione si sia verificata, condotte che sino a questo momento non risultano attuate.
Il problema non è quello di collaborare con l'Autorità Giudiziaria (profIlo che riguarda semmai le persone fisiche) ma di fornire risposte precise tali da poter assicurare che sia stato adottato un nuovo e migliore modulo organizzativo, dopo la scoperta dei reati commessi dai dirigenti, atto a prevenire il ripetersi di episodi simili ed individuare le aree di rischio esistenti.
Ciò sino a questo momento non è avvenuto e tale circostanza può essere individuata come un indicatore di conferma della piena connivenza della società nelle condotte illegali che sono venute alla luce.
LE ARGOMENTAZIONI SVILUPPATE DALLA DIFESA IN SEDE DI UDIENZA CAMERALE
In sede di udienza camerale e cioè nel contraddittorio anticipato rispetto all' eventuale applicazione di una misura interdittiva imposto dall'art. 47 comma 2 del D.lg. n. 231/01 quale momento di garanzia per l'Ente incolpato, il difensore di Siemens AG, sia oralmente sia con un' ampia memoria depositata in data 28/11/2003, ha sviluppato una serie di argomentazioni che dovrebbero escludere appunto l'applicabilità della misura richiesta dal Pubblico Ministero.
Una di tali argomentazioni contiene un rilievo tecnico indubbiamente esatto, non tale tuttavia da portare alla reiezione e nemmeno alla riduzione del provvedimento richiesto.
Osserva infatti giustamente il difensore che il contratto di fornitura delle prime 7 turbogas (che tuttavia costavano assai meno, per una lievitazione dei prezzi del mercato, rispetto alle 5 del lotto successivo) si è concluso e contestualmente ad esso si sono verificati i pagamenti sui conti di Lugano e di Montecarlo, tra la metà del 2000 e l'inizio del 2001.
Ciò risulta in modo inequivocabile dagli atti, dalle dichiarazioni degli indagati e dallo stesso specchietto dei pagamenti parte integrante del capo d'imputazione. E' certo in tal modo che l'accordo corruttivo relativo alla prima fornitura ha avuto luogo prima dell' entrata in vigore del D.L.vo n. 231/01, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19/6/2001 n.140, e di conseguenza nessuna misura interdittiva, istituto sino a quel momento non esistente, può essere applicata in relazione a tale fatto di corruzione.
Impropriamente, quindi, tale fornitura (e i relativi pagamenti illeciti) è indicata nel capo d'imputazione e la misura interdittiva può essere valutata ed accolta solo con riferimento alla seconda fornitura, quella relativa alle altre 5 turbogas definita contrattualmente l'anno successivo.
E' comunque chiaro che la descrizione anche della prima fornitura ha un significato rilevante in quanto, come sottolineato dai Pubblici Ministeri in sede discussione orale, consente una migliore comprensione dei fatti e del disegno tratteggiato degli indagati nella sua globalità.
Infatti, tra i due accordi corruttivi (il primo dei quali non assoggettabile ad una misura interdittiva) vi è una connessione ed una continuità, essendo stato di estrema importanza fare entrare dapprima Siemens AG nel programma di aggiudicazione delle commesse e poi utilizzare la posizione raggiunta per condizionare definitivamente le ulteriori scelte dell'Enel, legata in modo ormai indissolubile alla Siemens AG, in modo da assicurare a quest'ultima il controllo di tutta la filiera, non esclusa l'attività lucrosissima di manutenzione degli impianti che si sarebbe proiettata nei prossimi venti anni.
Il difensore di Siemens Ag ha inoltre sostenuto che il provvedimento richiesto dai Pubblici Ministeri esorbiterebbe i limiti spaziali della giurisdizione italiana in quanto la Siemens Ag è una società tedesca e la legge tedesca (in particolare la OWiG approvata nel 1968 e modificata nel 2003), pur prevedendo la responsabilità amministrativa degli Enti, non prevede né sanzioni interdittive né l'obbligo di adottare i precisi modelli organizzativi e di controllo delineati dalla legge italiana.
Chiedendo quindi di applicare alla Siemens Ag in toto il D.Lg. vo n. 231/01 si vorrebbe, secondo il difensore, assoggettare un Ente di diritto tedesco alle leggi amministrative italiane e ciò in assenza di una disposizione che consenta di perseguire in Italia l'illecito amministrativo commesso all'estero da società straniere, disposizione appunto assente anche nei casi in cui un illecito di tal genere sia collegato alla commissione di un reato in Italia da parte di persone fisiche.
Il problema è in realtà mal posto.
Anche a prescindere infatti dalla controversa natura amministrativa, penale o quasi-penale delle sanzioni introdotte dal d.lg. n. 231/01, problema che con varie conclusioni ha acceso il dibattito della dottrina, è quasi ovvio rilevare che sia le persone fisiche che le persone giuridiche straniere nel momento in cui operano in Italia (anche eventualmente, come nel caso in esame, tramite una Associazione Temporanea di Impresa) hanno semplicemente il dovere di osservare e rispettare la legge italiana e quindi anche il D.L.vo n. 231/01, indipendentemente dall'esistenza o meno nel Paese di appartenenza di norme che regolino in modo analogo la medesima materia, ad esempio il modello organizzativo richiesto alle imprese per prevenire reati come quelli che si sono verificati e scoprire ed eliminare tempestivamente, tramite organismi di controllo e anche con l'adozione di misure disciplinari, situazioni a rischio.
    Un paragone quasi banale ma assai esplicativo può fare riferimento alle norme in tema di circolazione stradale.    ­
E' possibile, in via di ipotesi, che le norme tedesche o quelle di qualsiasi altro Paese non prevedano che le autovetture immatricolate e circolanti in tale paese abbiano l'obbligo di essere munite di cinture di sicurezza, ma ciò ovviamente non toglie che tali autovetture, per accedere alle strade italiane, abbiano l'obbligo di munirsi di tali dispositivi.
Vale, sotto il profIlo antiinfortunistico e con riferimento a qualsiasi norma che abbia una funzione preventiva suscettibile, se non adottata, di conseguenze in termini di responsabilità, la regola della lex loci.
D'altronde la stessa difesa ammette implicitamente questa ovvia conclusione allorché riconosce che recentemente la Siemens Ag, per potersi quotare alla borsa di New York, ha accettato di conformarsi agli obblighi previsti dalla legislazione statunitense adottando un nuovo codice deontologico (cfr. memoria difensiva cit. pagg. 38-39).
Ancora meno incisiva è l'argomentazione collegata a quella ora esaminata secondo cui la misura interdittiva richiesta sarebbe praticamente ineseguibile in quanto la normativa tedesca non prevede sanzioni di tal genere e quindi l'Autorità tedesca non potrebbe eseguire la misura del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione non potendo applicare una misura sconosciuta all' ordinamento germanico.
Anche in questo caso l'osservazione critica è decisamente fuorviante in quanto la misura interdittiva richiesta è quella del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione italiana (divieto facilmente eseguibile in Italia) e non con la Pubblica Amministrazione tedesca mentre non ha alcun rilievo in questa sede se tale misura e in linea generale la pendenza di un procedimento in Italia a carico della Siemens possa avere o invece non abbia effetti sulla libertà contrattuale e sulla posizione di tale società in Germania.
La difesa di Siemens Ag ha inoltre prospettato che non sarebbe certa la riferibilità alla società indagata delle somme transitate sul conto corrente ... e giunte a C. e G. , in quanto all'epoca i dirigenti dell'Enel avevano ricevuto, con artifizi analoghi, altre somme da altre società quali la Alstompower e avevano in corso altre trattative, sempre concernenti la fornitura di turbine a gas, con altre società, quali la statunitense GeneraI Electric, cosicché non si potrebbe affatto escludere che i 6 milioni di Euro pervenuti sui conti di Montecarlo e Lugano possano, in tale situazione di mercimonio e di corruzione diffusa, aver avuto un origine diversa.
Si dimentica tuttavia che la tangente proveniente dalla Alstompower è stata perfettamente individuata nelle sue ragioni e nel suo meccanismo nella prima parte delle indagini (si vedano le motivazioni dell' ordinanza di custodia cautelare emessa in data 5/6/2003 nei confronti di G. e C., le successive dichiarazioni chiarificatrici di C.) e si tratta quindi di un' operazione del tutto diversa, ormai ben chiara ed a sè stante rispetto alle dazioni di denaro descritte nel capo di incolpazione in relazione alla Siemens Ag.
Quanto al dubbio seminato dalla difesa in ordine alla attribuibilità ad altre società, in ipotesi la GeneraI Electric, dei 6 milioni di Euro si deve ricordare che in questa fase le convergenti e dettagliate dichiarazioni di C. e G. sono uno strumento più che sufficiente per riferire le tangenti ricevute sui loro conti esteri alla Siemens Ag, considerando per di più che tali dichiarazioni sono riscontrate sia dalla tempistica delle singole rimesse sia dalla proporzionalità delle tangenti stesse (circa 1'1,5%) rispetto al valore delle turbine a gas fornite da Siemens Ag.
Ulteriore argomento avanzato dalla difesa di Siemens Ag, peraltro ripetitivo in situazioni di questo genere, è costituito dalla pretesa impossibilità di individuare uno specifico atto contrario ai doveri di ufficio valutabile per incardinare il reato di corruzione di cui all' art. 319 c. p., cosicchè quanto avvenuto sarebbe riportabile ad una semplice regalia inquadrabile al più nel reato di cui all' art. 318 c.p. ( corruzione per un atto d'ufficio) non legittimante e non utilizzabile, ai sensi dell'art. 25 del D.Lg.  231/01, per l'adozione di una misura interdittiva.
L'argomento è facilmente criticabile in quanto l'accordo corruttivo non si poggia, per la sua realizzazione su un singolo atto, ma su un'intera procedura condizionata ed inquinata diretta a due obiettivi fondamentali che sono stati entrambi raggiunti assicurando agli eroganti un binario preferenziale: da un lato ottenere per la Siemens Ag un monopolio nelle forniture e nella successiva gestione della manutenzione e nel contempo non condizionare tale posizione ad una immediata definizione del contratto di manutenzione, cosicchè da esso potessero nascere altre possibilità di illeciti guadagni.
Il ruolo dei corrotti, e cioè C. e G., è stato a tal fine un ruolo "globale" e cioè convincere, e non poteva essere diversamente visto il ruolo di tecnici esperti che era loro accreditato, il board dell'Enel ad adottare queste decisioni consone a tali obiettivi e nel contempo, come risulta chiaramente dai verbali di C., guidare la Siemens Ag nell'approntamento delle proposte tecnico-economiche "vincenti" che avrebbero trovato le porte aperte.
Sorregge del resto nella collocazione di procedure in sè viziate, e non solo per un singolo atto, nella fattispecie di cui all'art. 319 c.p., intesa come condizionamento dell'attività del pubblico ufficiale agli interessi di un gruppo determinato di cui è debitore, la giurisprudenza sul tema della Suprema Corte:
In tema di corruzione, perché il reato sia configurabile, non è necessaria l'individuazione specifica dell'atto oggetto dell'accordo corruttivo, in quanto l'atto d'ufficio oggetto di mercimonio non va inteso in senso formale, comprendendo la locuzione qualsiasi comportamento che comunque violi i doveri di fedeltà, imparzialità, onestà, che debbono osservarsi da parte di chiunque eserciti una pubblica funzione.
Deve perciò ritenersi sussistente il reato di corruzione ogni qualvolta si accerti che la consegna del denaro al pubblico ufficiale sia stata effettuata in ragione delle funzioni dallo stesso esercitate e per retribuirne i favori, e tale forma di corruzione rientra tra le ipotesi di corruzione propria (per atto contrario ai doveri d'ufficio) e non per corruzione impropria, implicando il mercimonio della funzione stessa.
(Sez. VI,  N 2894 del 6.3.1998, cc. del 5.2.1998, Lombardi, rv 210381).
L'ipotesi delittuosa della corruzione si attua non solo con riferimento a fatti di mercimonio dei doveri dell'ufficio per atti squisitamente formali, ma anche alla condotta, in genere, di sistematico e generalizzato favoritismo del pubblico ufficiale.
Pertanto, quando la corruzione investa i doveri di un ‘organizzazione professionale, come quella giuridica,' cui sono affidate, attraverso le decisioni, scelte di valore, si realizza l'abdicazione alle finalità istituzionali e la formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità con gli scopi illeciti posti a ,base del mercimonio dell'‘ufficio.
( Fattispecie ex art. 319 cod. pen., a carico di un dirigente di un ufficio giudiziario romano, caratterizzata dal condizionamento dell'attività funzionale agli interessi di un determinato gruppo imprenditoriale, attraverso collegamenti anomali con i suoi componenti e promesse d'intervento sugli altri appartenenti all'ufficio ).
(Sez. VI, .n. 1616 del 23.5.1996, ud. del 16.4.1996, Squillante, rv 204847 ).
L'ultimo profilo da esaminare è quello relativo alle condotte riparatorie poste in essere da Siemens Ag al fine di evitare, ai sensi dell'art. 17 D.lvo n. 231/01, l'applicazione della misura interdittiva.
L'art.17 infatti consente di non applicare le sanzioni interdittive, ferma sempre l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, quando l'ente dimostri di aver risarcito interamente il danno, di aver eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato adottando modelli idonei a prevenirne di nuovi ed abbia infine messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
In contestualità con lo svolgimento dell'udienza camerale, Siemens Ag ha concluso con Enel una transazione risarcitoria, ratificata il 12.12.03, prodotta dal difensore di Enel in data 12.12.03.
In base a tale transazione, illustrata anche oralmente dal difensore in sede di udienza, Siemens Ag si impegna ad aprire a Enel una lettera di credito di 20 milioni di euro, a fornire gratuitamente 2 set di palette per turbine a gas, a modificare il contratto di service stipulato nel marzo 2003 (di cui solo nel corso dell'udienza si è avuto notizia) apportando anche delle migliorie alle turbine già fornite e a fornire altri 4 set di palette ad un prezzo vantaggioso.
Il tutto con un'utilità per Enel, con la quale si intendono confermare gli accordi commerciali già in corso, di circa 180 milioni di euro.
E' innegabile che le riparazioni cui Siemens Ag si è resa disponibile siano tutt'altro che trascurabili ma tale forma di risarcimento nei confronti del solo diretto destinatario dell'attività illecita consumatasi corrompendo i suoi funzionari infedeli non soddisfa allo stato, se non in parte, le condizioni poste dall'art. 17 del D.lvo 231/01 per poter evitare la sanzione interdittiva.
Infatti resta aperto il problema del profitto conseguito ai reati commessi in relazione ai quali Siemens Ag non ha offerto allo Stato un'idonea cauzione, profitto che potrà essere più precisamente determinato anche con un accertamento tecnico, resta aperto il problema del danno subito dal mercato e dagli altri aspiranti fornitori delle turbo gas che hanno visto violate le regole della concorrenza in un settore di notevole importanza.
Resta sopratutto il fatto, più volte sottolineato anche durante l'udienza dai Pubblici Ministeri, che Siemens Ag si è semplicemente rifiutata di adottare, dopo i fatti, quel modello organizzativo previsto dall'art. 17 punto b) del D.1vo n. 231/01 come strumento preventivo e impeditivo, anche se in via non assoluta, della commissione di nuovi reati, non potendo certo bastare la produzione, allegata alla memoria della difesa, del generico codice etico (le "Business Conduct Guidelines") che dovrebbe ispirare la condotta dei funzionari della società tedesca anche nei loro rapporti con l'estero.
In relazione infatti al requisito di cui all' art. 17 punto b), la normativa introdotta in ossequio agli impegni internazionali assunti è molto rigida e prevede l'istituzione di organi di controllo dotati di autonomo potere di iniziativa, 1'approntamento di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e 1'attuazione delle decisioni dell'Ente in relazione ai reati da prevenire, l'individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di reati (e qui devono essere affrontati i problemi relativi all'esistenza di fondi extra contabili ), l'adozione di un efficace sistema di veicolazione delle informazioni all'interno della società, l'introduzione infine di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare seriamente il mancato rispetto dei comportamenti e delle misure indicate (2).
Nulla di tutto ciò sembra essere avvenuto, nonostante il tempo trascorso dall' esplosione del caso SIEMENS-ENELPOWER e ne consegue che non sussistono allo stato le condizioni per evitare l'applicazione della misura interdittiva.
Rilevato infine in tema di proporzionalità della misura richiesta che, in ottemperanza ai criteri di scelta della misura interdittiva dettati dall'art 14 in relazione all'art. 11 D.1gs 231/01, la sanzione interdittiva che appare idonea a prevenire illeciti del tipo di quelli commessi nonché
proporzionata alla gravità dei fatti e al grado di responsabilità dell'Ente, anche per la mancanza di una seria attività finalizzata ad eliminare od attenuare le conseguenze del reato e a prevenire la commissione di ulteriori illeciti, è unicamente quella del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione.

Omissis
PREMESSA
Con il decreto legislativo 8 giugno 2001 11.231, in attuazione della delega conferita al Governo con l'art. 11 della Legge n. 300/2000, è stata dettata la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati commessi da propri funzionari, prevedendo anche la possibilità che, nel corso del procedimento penale, all'ente possa essere applicata, quale misura cautelare, una delle sanzioni interdittive previste dall'art. 9, comma 2 del D.Lgs. n. 231/01, tra le più gravi delle quali vi è il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione.
Si ricordi che tale provvedimento legislativo trova la sua genesi primaria in Convenzioni internazionali e comunitarie, che impongono di prevedere la responsabilità delle persone giuridiche, quali la Convenzione di Bruxelles siglata il 26/7/1995 e i suoi Protocolli siglati il 27/9/1996 e il 29/11/1996 e la Convenzione dell'OCSE sulla Lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, siglata a Parigi il 17/12/1997.
Tutte tali convenzioni, per quanto di riflesso del presente procedimento, sono state ratificate dall'Italia e dalla Germania e, pur nella diversità delle norme attuative, costituiscono dunque diritto positivo e fonte di obblighi per entrambi i Paesi.
Affinché sia possibile applicare una misura interdittiva, è necessario che sussistano i requisiti dettati dagli artt. 45 e ss. d.lgs. 231/01, nonché, secondo l'interpretazione prevalente, una delle condizioni previste dall'art. 13 d.lgs. 231/01.   .
Di conseguenza si dovrà verificare la sussistenza in concreto di:
1.  gravi indizi di responsabilità dell‘ente (art. 45 d.lgs. 231/01);
2.  concreto pericolo che vengano commessi reati della stessa indole di quello per cui si procede (art. 45 d.lgs. 231/01);
3.  profitto di rilevante entità tratto dall'ente in conseguenza del delitto per il quale si procede oppure reiterazione di reati (art. 13 d.lgs. 231/01).
I GRAVI INDIZI IN ORDINE ALLA RESPONSABILITA' DELL'ENTE PER ILLECITO AMMINISTRATIVO DIPENDENTE DA REATO
Perché a carico di Siemens AG possano dirsi sussistenti gravi indizi di responsabilità per l'illecito amministrativo dipendente dal reato per il quale sono indagati V., D. e B., si tratterà quindi di stabilire:
A) se V., D. e B. appartengano ad una delle categorie soggettive individuate dall'art. 5 d.lgs. 231/01, e non abbiano agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi;
B) se sussistano gravi indizi di colpevolezza a carico di V., D. e B. per i reati loro ascritti, che devono appartenere al novero di quelli ritenuti dal legislatore astrattamente idonei a fondare la responsabilità amministrativa dell' ente di appartenenza ai sensi degli artt. 24-26 d.lgs. 231/01;
C) qualora V., D. e B. siano effettivamente qualificabili come persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di soggetti in posizione apicale (art. 5, comma l, lett. b) d. 19s. 231/01), la sussistenza delle condizioni richieste dall' art. 7 d. lgs. 231/01.
Un primo requisito legittimante l'applicazione della misura interdittiva è l'appartenenza degli indagati ad una delle categorie di cui all'art. 5 D.Lgs 231/01, quale criterio di imputazione soggettiva.
Ai fini dell'applicabilità del d. lgs. 231101,V., B. e D. rientrano, per qualifIca e per ruolo, nella categoria delle "persone sottoposte alla direzione e alla vigilanza" di soggetti che, nell' ambito SIEMENS AG, rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione e direzione dell'ente (art. 5 lett. b) d. lgs. 231/01).
Sul punto si rinvia all'organigramma della SIEMENS POWER GENERATION, prodotto da Z. G. nel corso della deposizione in data 13.10.2003 [all m) al verbale] e si richiamano le convergenti dichiarazioni degli indagati C. e G. (di seguito riportate), le quali trovano pieno riscontro nelle dichiarazioni di Z., che ha, a sua volta, indicato D. e B. quali interlocutori nella predisposizione dell'offerta di gara e nei rapporti nell'ambito dell'ATI ANSALDO-SIEMENS.
Inoltre, precisi riscontri documentali si evincono dall'agenda di C. e dai biglietti da visita sequestrati agli indagati e prodotti da Z.
Nel caso in esame, appare anche evidente la sussistenza dell'ulteriore condizione prescritta dall'art. 5 d.lgs. 231/01 per fondare la responsabilità amministrativa dell'ente, e cioè che gli indagati non devono aver commesso il reato per cui si procede nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Le condotte degli indagati dimostrano, infatti, che essi agirono nell'interesse prevalente, se non addirittura esclusivo, (non potendosi comunque escludere una ricompensa per i funzionari che hanno posto in essere con successo l'opera di corruzione) di SIEMENS AG. L'accordo corruttivo intercorso tra V., B., D., C. e G. era finalizzato a garantire a SIEMENS AG - come poi è avvenuto - l'aggiudicazione di un contratto per la fornitura di turbine a gas del valore complessivo di euro 204.875.000, oltre alla futura attività di manutenzione (c.d. service) dei macchinari venduti a EP in forza di tale contratto. Si noti che, per la specificità e complessità degli interventi di manutenzione, gli stessi non possono che essere eseguiti dal fornitore originario; e cioè, nel caso di specie, da SIEMENS AG o dalla licenziataria ANSALDO.
Non vi è allo stato delle indagini alcun elemento per ritenere che la finalità dell'accordo corruttivo stipulato dagli indagati fosse diversa da quella di procurare illecitamente un consistente vantaggio a SIEMENS; in tal senso sono del resto esplicite le dichiarazioni rese a più riprese da G. e C. e riportate più avanti.
Ad ulteriore conferma del fatto che V., B, e D. abbiano agito nell'interesse e a vantaggio di SIEMENS AG, va sottolineato che il pagamento delle tangenti sopra elencate è avvenuto utilizzando conti correnti. riservati sicuramente riferibili a SIEMENS e non certo ai singoli indagati.
Tale conc1usione è determinata non solo dall'ingénte ammontare delle risorse erogate a titolo di tangenti (difficilmente riconducibili alle disponibilità personali di singoli funzionari o consulenti), ma anche dal tenore delle dichiarazioni di G. e C..
Omissis
Il secondo requisito legittimante l'applicabilità della misura interdittiva ad una società è la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei funzionari o di coloro che comunque operavano a nome della società                                                                                                                                                    ‘
In proposito V., B. e D. sono gravemente indiziati di aver commesso il reato di corruzione di seguito descritto. Sono indagati cioè per: "il delitto p.p. dagli artt. 110, 81 cpv., 321, 319, 319 bis C. P. , perché, in concorso tra loro e con altri allo stato non identificati, in esecuzione di un unico disegno criminoso,
-         il primo quale consulente della SIEMENS AG;
-         il secondo quale direttore commerciale della SIEMENS AG;
-         il terzo quale dirigente e, successivamente, quale direttore esecutivo della SIEMENS;      
per favorire la SIEMENS AG, che operava in ATI con Ansaldo Energia S.p.A. ed Ansaldo Caldaie S.p.A., nell'aggiudicazione di una serie di forniture di turbine a gas per il programma di riconversione delle centrali di ENEL Produzione [EP], a seguito di gare indette da ENELPOWER [EPW] su commissione di EP, concordavano con C., amministratore delegato di EP e con G., amministratore delegato di EPW, le illecite erogazioni che, provenienti da conti accesi presso la LIECHTENSTEINISCHE LANDESBANK AKTIENGESELLSCHAFT di Vaduz (Liechtenstein) e la EMIRATES BANK INTERNATIONAL - comunque riferibili a SIEMENS -, pervenivano su conti riservati degli stessi C. e G., dopo essere transitate, nei tempi e nei modi specificati nelle sopra riportate tabelle, sui conti della Società estera ...    .
Con l'aggravante di aver commesso il fatto nella stipulazione di contratti di jornitura.
A Milano sino al maggio 2002".
E' sufficiente in questa sede rilevare che l'art. 25 d.lgs. 231/01 prevede la responsabilità amministrativa dell'ente di appartenenza qualora i soggetti di cui all'art. 5 abbiano commesso (tra gli altri) delitti di corruzione, e che nelle ipotesi di cui agli artt. 319, 319-bis, 321 c.p. - contestate agli indagati - può anche essere applicata una delle misura cautelari interdittive di cui all' art. 9 d.lgs. 231/01.
Gli indizi di colpevolezza a carico degli indagati sono desumibili dalla attività investigativa svolta nell'ambito del procedimento penale che, sviluppatosi a partire dall'inizio del 2003 ha già portato all'arresto o all'incriminazione e quindi alle successive dimissioni di tutto quello che in passato era lo staff dirigenziale di Enelpower e di Enel Produzione.
Omissis
Quanto al terzo requisito relativo alla sussistenza delle ulteriori condizioni di cui agli artt. 5 e 7 del D.lgs. n. 231/01 e cioè la mancata adozione ed efficace attuazione di un modella organizzativo idoneo ad evitare reati quali quelli verificatisi.
Perché possa configurarsi la responsabilità dell' ente per reati commessi da soggetti sottoposti all'altrui direzione e vigilanza, (art. 5, comma l, lett. b)), è necessario che, ai sensi dell'art. 7, la commissione del reato sia stata resa possibile dalla violazione degli obblighi di vigilanza e controllo alla cui osservanza la struttura è tenuta. 
Nel caso in esame, non solo può escludersi che SIEMENS AG abbia efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo dell'attività societaria idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (modello che, se adottato e diligentemente attuato avrebbe garantito all'ente un'esenzione di responsabilità per i reati ciò nonostante commessi dai propri funzionari: art. 7, commi 2, 3, 4), ma  sembra addirittura potersi ritenere che l'ente si sia reso ispiratore e complice dei reati_ascritti a  V., B. e D. (1)
Le modalità con le quali l'azione corruttiva è stata condotta dai funzionari SIEMENS (interposizione nell'erogazione della tangente di un soggetto terzo e cioè ... al fine di rendere più difficoltosa l'individuazione della fonte del pagamento; periodicità dei pagamenti, "scadenzati" in funzione del procedere della gara e dell' effettuazione della fornitura), nonché, ­anzi, soprattutto la preesistenza di conti e fondi riservati riferibili a SIEMENS AG utilizzabili (e utilizzati) per la commissione di reati, dimostrano, infatti, non solo , l'assoluta inefficacia del modello di controllo adottato da SIEMENS e l'inattività degli organi preposti a verificarne l'osservanza., ma , anche che l'ente considerava l'erogazione quantomeno come una possibile strategia imprenditoriale, per l'attuazione della quale aveva anche proceduto alla costituzione di "fondi neri"
Secondo quanto dichiarato da G. furono gli stessi dirigenti S. indagati a rappresentargli la necessità, dapprima, di smobilizzare disponibilità extracontabili della SIEMENS in Liechtenstein e, successivamente, di utilizzare disponibilità riservate allocate negli Emirati Arabi; furono sempre gli stessi dirigenti SIEMENS indagati a richiedere, quindi, un' operazione di riciclaggio per impedire di ricostruire la provenienza delle somme impiegate.
Pertanto, si può agevolmente concludere per la sussistenza di elementi in ragione dei quali ritenere integrato il criterio di imputazione soggettiva dell'illecito amministrativo derivante da reato in capo all' ente di appartenenza degli indagati, secondo i parametri di cui all' art. 7 d. lgs. 231/01.
IL PERICOLO DI REITERAZIONE DEL REATO
Molteplici elementi consentono, poi, di ritenere sussistente nei conftonti di SIEMENS AG l'esigenza richiesta dall'art. 45 d. lgs. 231/01 per l'applicazione in via cautelare e provvisoria delle sanzioni interdittive di cui all' art. 9 del medesimo decreto e cioè il pericolo di reiterazione del reato
Il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede risulta essere concreto e attuale se si considera che le condotte criminose contestate agli indagati sono state poste in essere con modalità tali da far supporre, come è già stato evidenziato, che 1'erogazione di tangenti sia considerata da SIEMENS AG una via percorribile nell'acquisizione di commesse. Gli episodi di corruzione ascritti ai funzionari SIEMENS mostrano infatti che l'ente ha la disponibilità di conti costituiti ed alimentati con modalità "extra bilancio". Peraltro dell'attuale consistenza di tali conti nulla è dato sapere fino a che non perverranno gli esiti delle commissioni rogatoriali così come dei loro meccanismi di alimentazione. Nemmeno risulta che tali conti siano stati chiusi e neppure può ritenersi verosimile che i conti "scoperti" siano i soli extra bilancio attraverso i quali operi SIEMENS. Si noti, altresì, che l'ente ha pensato bene di utilizzare schermi assai efficaci per escludere la riferibilità a sé delle risorse utilizzate per la corruzione degli amministratori Enel. Come risulta dalle dichiarazioni di G. e C., riportare nel paragrafo precedente, sono stati i funzionari SIEMENS a rappresentare di dirigenti ENEL l'opportunità che le illecite dazioni di denaro non pervenissero direttamente sui conti personali di G. e C. , ma venissero mascherate tramite l'interposizione di un terzo soggetto, concretamente individuato da G. nella persona di A. N. .
In un contesto di tal genere, del quale - giova ripeterlo - quanto emerso finora nel corso delle indagini è verosimilmente solo una parte di uno scenario operativo più complesso per "uomini e risorse" il rischio che si verifichino nuovi episodi di corruzione pare concretamente fondato.
Con particolare riferimento, poi, ai rapporti SIEMENS - ENELPOWER, la volontà quanto meno prima dell'inizio delle indagini di reiterare il reato risulta ulteriormente rafforzata dalla circostanza che il contratto di fornitura di turbo gas in relazione al quale sono stati corrisposti i pagamenti illeciti non contemplava la definizione ab initio dei costi elevatissimi del servizio di assistenza e manutenzione dei macchinari per il quale Enelpower avrebbe dovuto nel tempo necessariamente rivolgersi a SIEMENS (o alla sua licenziataria ANSALDO).
Proprio il fatto che, diversamente da quanto ci si sarebbe potuto aspettare, il contratto di fornitura dei turbo gas non sia stato accompagnato da un servizio di manutenzione tipo Global Service con particolare riferimento alle parti di ricambio strategiche (tra cui le costosissime "palette" che devono essere periodicamente sostituite) e che in tale settore tecnologico la manutenzione futura costituisca un business enorme (si vedano sul punto le dichiarazioni di Z.) lascia intendere che SIEMENS ed ENELPOWER abbiano inteso volutamente lasciare una situazione contrattuale "aperta" nella quale, viste le precedenti erogazioni illecite, fosse possibile innestare in prospettiva l'erogazione di nuove somme "di denaro e quindi ripetere episodi di corruzione.
LE ULTERIORI CONDIZIONI LEGITTIMANTI L'APPLICABILITA' DELLA MISURA CAUTELARE INTERDITTIVA AI SENSI DELL' ART. 13 D.LGS 231/01
Relativamente al sistema cautelare configurato dal d. lgs. 231/01, quasi in assenza di pronunce giurisprudenziali, la dottrina prevalente ritiene che l'applicazione quali misure cautelari e "anticipatorie" delle sanzioni interdittive di cui all' art. 9 , - "normalmente" inflitte quali pene accessorie a seguito di sentenza definitiva di condanna - imponga all' autorità giudiziaria di verificare che anche in tale caso ricorrano non solo i presupposti tipicamente cautelari di cui all'art. 45, ora delineati, ma anche quelli contemplati all'art. 13 per l'irrogazione delle predette pene accessorie.
In altre parole, stante la natura sostanzialmente anticipatoria delle misure cautelari contemplate dal d. lgs. 231/01, perché esse possano trovare applicazione è necessario che venga accertata non solo la sussistenza dei presupposti "tipici" delle misure cautelari (gravi indizi di responsabilità e pericolo di reiterazione del reato), ma anche, sia pure entro i limiti propri della cognizione sommaria, la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 13 dello stesso decreto per la comminazione delle pene accessorie interdittive e - cioè - il profitto di rilevante entità tratto dalla società o la reiterazione degli illeciti.
Ciò premesso, il tenore letterale dell'art. 13 è chiaro nello stabilire che ai fini dell'applicabilità delle sanzioni interdittive è sufficiente che ricorra solo una delle due condizioni alternativamente richieste dalla norma: la reiterazione degli illeciti (art. 13, comma 1, lett b), oppure l'avere l'ente tratto dall'illecito un profitto di rilevante entità, qualora l'illecito stesso sia stato commesso da soggetti in posizione apicale all'interno dell'ente ovvero da soggetti sottoposti all' altrui vigilanza quando, in quest'ultimo caso, la commissione del reato sia stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative dell'ente (art. 13, comma 1, lett. a).
Nella vicenda in esame è agevole riscontrare la ricorrenza del requisito individuato dall'art. 13, comma 1, lett. a).
E' infatti pacifico che SIEMENS AG abbia tratto ingenti vantaggi dalle condotte corruttive poste in essere da V. , B. e D. .
Innanzitutto, a seguito dell' erogazione della tangente sopra descritta, come più volte già si è evidenziato, SIEMENS AG si è assicurata l'aggiudicazione di contratti del valore complessivo di € 362.853.000, contratti di entità tale da soddisfare di per sé il requisito del "profitto di rilevante entità" richiesto dall'art. 13 lett. a).
Oltre a consentire la conclusione del sopra menzionato contratto, la tangente erogata da SIEMENS ha anche assicurato alla stessa SIEMENS (o comunque alla sua licenziataria ANSALDO) la stipulazione dei futuri contratti di service  relativi ai macchinari forniti ad EP, ponendo peraltro SIEMENS e ANSALDO in una posizione contrattuale "forte" rispetto a quella di EP. Come già sopra evidenziato, nello stipulare il contratto di fornitura in relazione al quale V., B. e DIETRICH hanno corrisposto pagamenti illeciti, SIEMENS e EPW non concordarono ab initio le condizioni contrattuali del service di manutenzione che solo e necessariamente SIEMENS (o ANSALDO) avrebbero potuto garantire ad EP per l'intero ciclo vitale - almeno ventennale - delle turbine.
Omissis
Non può sfuggire in conclusione, sempre in tema di profitto, che esso, in contratti del genere che portano all' "occupazione" da parte di una società estera di un segmento di un settore così importante come l'energia, si identifica largamente nell'altissimo valore del monopolio raggiunto a discapito dei concorrenti, monopolio destinato a proiettarsi nel tempo con ingenti profitti.
La posta in gioco nella "ripowerizzazione" delle centrali Enel era assai alta (lo dimostra la stessa identità del "risarcimento" stipulato alla fine del 2003, in pendenza dell'udienza camerale, tra Siemens AG ed Enel quantificabile in un vantaggio per Enel di circa 180 milioni di Euro) e non è un caso che dopo gli accordi presi "a tavolino" con i tedeschi, C. e G. fossero particolarmente allarmati e premessero perché la procedura si concludesse rapidamente nel senso da essi voluto in quanto la GeneraI Electric, per il secondo gruppo di turbogas, aveva fatto un offerta alternativa a quella della Siemens, offerta particolarmente aggressiva e vantaggiosa, e vi era quindi il rischio che l'intero piano concordato saltasse (cfr. int. G. e int. C. con riferimento al rischio di "testa a testa" finale tra la Siemens AG e la GeneraI Electric).
Quanto poi all'ulteriore requisito richiesto dall'art. 13 per l'ipotesi in cui il reato sia stato commesso da soggetti sottoposti all' altrui direzione e vigilanza, e cioè che la commissione del reato deve essere stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative dell' ente, è sufficiente qui richiamare quanto detto nei paragrafi dedicati alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità e al rischio di reiterazione del reato.
Sembra poi indubbio che sia comunque presente, sempre con riferimento ai criteri di cui all'art. 13 D.L.vo 231/01, anche l'altra condizione che consiste nella reiterazione dei fatti illeciti.
Infatti vi sono state due gare, e due partite di pagamento, a loro volta suddivise in più tranches, relative alla fornitura delle prime 7 turbogas del 2000 e poi alla fornitura delle altre 5 turbogas 1'anno successivo senza ché minimamente influisca sulla sussistenza e apprezzabilità di tale reiterazione il fatto che, essendo appunto il primo contratto e la prima corruzione risalenti all'anno 2000, non possano rientrare nell'ambito di operatività qel D.L.vo 231/01 non ancora in vigore nel momento in cui si verificarono i primi episodi rievocati da C. e G..
E' particolarmente grave il fatto che la Siemens Ag, anche dopo che i reati commessi dai suoi
dirigenti sono divenuti di pubblico dominio, rimbalzando anche con grande risonanza sulla stampa e sui circuiti del settore, si sia arroccata, non abbia dato alcuna risposta e, tornando al problema del modello organizzativo, non sia preoccupata, nonostante i non pochi mesi trascorsi dalla scoperta dei fatti, di implementare il proprio modello organizzativo carente ed inadeguato, limitandosi in sostanza a rispondere implicitamente tramite le proprie argomentazioni difensive che non avverte l'esigenza di rispettare appieno la legge italiana.
Anche i due dirigenti D. e B., per quanto risulta, non sono stati sospesi o sottoposti a procedimenti disciplinari (nè, per inciso, hanno inteso rendere dichiarazioni) ma sono stati semplicemente oggetto di un mutamento di funzioni, spostandoli dalla divisione in cui operavano.
In proposito non deve sfuggire un rilievo concettuale desumibile dal sistema della normativa introdotta in tema di responsabilità delle persone giuridiche. La società infatti, diversamente dalle persone fisiche, ha un obbligo di rendersi adempiente allorquando venga scoperto o comunque prospettato un reato che la coinvolga. 
Infatti ai sensi dell'art. 7 n. 3 la società è tenuta, da un lato, "a scoprire ed eliminare tempestivamente le situazioni di rischio" e, d'altro lato, ai sensi dell'art. 17 lettera b), " ad eliminare le carenze organizzative mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi".     .
Ciò significa che una persona giuridica, soprattutto di tale rilievo in campo europeo ed internazionale, è tenuta a condotte obbligate ed ineludibili dopo che una certa situazione si sia verificata, condotte che sino a questo momento non risultano attuate.
Il problema non è quello di collaborare con l'Autorità Giudiziaria (profIlo che riguarda semmai le persone fisiche) ma di fornire risposte precise tali da poter assicurare che sia stato adottato un nuovo e migliore modulo organizzativo, dopo la scoperta dei reati commessi dai dirigenti, atto a prevenire il ripetersi di episodi simili ed individuare le aree di rischio esistenti.
Ciò sino a questo momento non è avvenuto e tale circostanza può essere individuata come un indicatore di conferma della piena connivenza della società nelle condotte illegali che sono venute alla luce.
LE ARGOMENTAZIONI SVILUPPATE DALLA DIFESA IN SEDE DI UDIENZA CAMERALE
In sede di udienza camerale e cioè nel contraddittorio anticipato rispetto all' eventuale applicazione di una misura interdittiva imposto dall'art. 47 comma 2 del D.lg. n. 231/01 quale momento di garanzia per l'Ente incolpato, il difensore di Siemens AG, sia oralmente sia con un' ampia memoria depositata in data 28/11/2003, ha sviluppato una serie di argomentazioni che dovrebbero escludere appunto l'applicabilità della misura richiesta dal Pubblico Ministero.
Una di tali argomentazioni contiene un rilievo tecnico indubbiamente esatto, non tale tuttavia da portare alla reiezione e nemmeno alla riduzione del provvedimento richiesto.
Osserva infatti giustamente il difensore che il contratto di fornitura delle prime 7 turbogas (che tuttavia costavano assai meno, per una lievitazione dei prezzi del mercato, rispetto alle 5 del lotto successivo) si è concluso e contestualmente ad esso si sono verificati i pagamenti sui conti di Lugano e di Montecarlo, tra la metà del 2000 e l'inizio del 2001.
Ciò risulta in modo inequivocabile dagli atti, dalle dichiarazioni degli indagati e dallo stesso specchietto dei pagamenti parte integrante del capo d'imputazione. E' certo in tal modo che l'accordo corruttivo relativo alla prima fornitura ha avuto luogo prima dell' entrata in vigore del D.L.vo n. 231/01, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19/6/2001 n.140, e di conseguenza nessuna misura interdittiva, istituto sino a quel momento non esistente, può essere applicata in relazione a tale fatto di corruzione.
Impropriamente, quindi, tale fornitura (e i relativi pagamenti illeciti) è indicata nel capo d'imputazione e la misura interdittiva può essere valutata ed accolta solo con riferimento alla seconda fornitura, quella relativa alle altre 5 turbogas definita contrattualmente l'anno successivo.
E' comunque chiaro che la descrizione anche della prima fornitura ha un significato rilevante in quanto, come sottolineato dai Pubblici Ministeri in sede discussione orale, consente una migliore comprensione dei fatti e del disegno tratteggiato degli indagati nella sua globalità.
Infatti, tra i due accordi corruttivi (il primo dei quali non assoggettabile ad una misura interdittiva) vi è una connessione ed una continuità, essendo stato di estrema importanza fare entrare dapprima Siemens AG nel programma di aggiudicazione delle commesse e poi utilizzare la posizione raggiunta per condizionare definitivamente le ulteriori scelte dell'Enel, legata in modo ormai indissolubile alla Siemens AG, in modo da assicurare a quest'ultima il controllo di tutta la filiera, non esclusa l'attività lucrosissima di manutenzione degli impianti che si sarebbe proiettata nei prossimi venti anni.
Il difensore di Siemens Ag ha inoltre sostenuto che il provvedimento richiesto dai Pubblici Ministeri esorbiterebbe i limiti spaziali della giurisdizione italiana in quanto la Siemens Ag è una società tedesca e la legge tedesca (in particolare la OWiG approvata nel 1968 e modificata nel 2003), pur prevedendo la responsabilità amministrativa degli Enti, non prevede né sanzioni interdittive né l'obbligo di adottare i precisi modelli organizzativi e di controllo delineati dalla legge italiana.
Chiedendo quindi di applicare alla Siemens Ag in toto il D.Lg. vo n. 231/01 si vorrebbe, secondo il difensore, assoggettare un Ente di diritto tedesco alle leggi amministrative italiane e ciò in assenza di una disposizione che consenta di perseguire in Italia l'illecito amministrativo commesso all'estero da società straniere, disposizione appunto assente anche nei casi in cui un illecito di tal genere sia collegato alla commissione di un reato in Italia da parte di persone fisiche.
Il problema è in realtà mal posto.
Anche a prescindere infatti dalla controversa natura amministrativa, penale o quasi-penale delle sanzioni introdotte dal d.lg. n. 231/01, problema che con varie conclusioni ha acceso il dibattito della dottrina, è quasi ovvio rilevare che sia le persone fisiche che le persone giuridiche straniere nel momento in cui operano in Italia (anche eventualmente, come nel caso in esame, tramite una Associazione Temporanea di Impresa) hanno semplicemente il dovere di osservare e rispettare la legge italiana e quindi anche il D.L.vo n. 231/01, indipendentemente dall'esistenza o meno nel Paese di appartenenza di norme che regolino in modo analogo la medesima materia, ad esempio il modello organizzativo richiesto alle imprese per prevenire reati come quelli che si sono verificati e scoprire ed eliminare tempestivamente, tramite organismi di controllo e anche con l'adozione di misure disciplinari, situazioni a rischio.
    Un paragone quasi banale ma assai esplicativo può fare riferimento alle norme in tema di circolazione stradale.    ­
E' possibile, in via di ipotesi, che le norme tedesche o quelle di qualsiasi altro Paese non prevedano che le autovetture immatricolate e circolanti in tale paese abbiano l'obbligo di essere munite di cinture di sicurezza, ma ciò ovviamente non toglie che tali autovetture, per accedere alle strade italiane, abbiano l'obbligo di munirsi di tali dispositivi.
Vale, sotto il profIlo antiinfortunistico e con riferimento a qualsiasi norma che abbia una funzione preventiva suscettibile, se non adottata, di conseguenze in termini di responsabilità, la regola della lex loci.
D'altronde la stessa difesa ammette implicitamente questa ovvia conclusione allorché riconosce che recentemente la Siemens Ag, per potersi quotare alla borsa di New York, ha accettato di conformarsi agli obblighi previsti dalla legislazione statunitense adottando un nuovo codice deontologico (cfr. memoria difensiva cit. pagg. 38-39).
Ancora meno incisiva è l'argomentazione collegata a quella ora esaminata secondo cui la misura interdittiva richiesta sarebbe praticamente ineseguibile in quanto la normativa tedesca non prevede sanzioni di tal genere e quindi l'Autorità tedesca non potrebbe eseguire la misura del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione non potendo applicare una misura sconosciuta all' ordinamento germanico.
Anche in questo caso l'osservazione critica è decisamente fuorviante in quanto la misura interdittiva richiesta è quella del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione italiana (divieto facilmente eseguibile in Italia) e non con la Pubblica Amministrazione tedesca mentre non ha alcun rilievo in questa sede se tale misura e in linea generale la pendenza di un procedimento in Italia a carico della Siemens possa avere o invece non abbia effetti sulla libertà contrattuale e sulla posizione di tale società in Germania.
La difesa di Siemens Ag ha inoltre prospettato che non sarebbe certa la riferibilità alla società indagata delle somme transitate sul conto corrente ... e giunte a C. e G. , in quanto all'epoca i dirigenti dell'Enel avevano ricevuto, con artifizi analoghi, altre somme da altre società quali la Alstompower e avevano in corso altre trattative, sempre concernenti la fornitura di turbine a gas, con altre società, quali la statunitense GeneraI Electric, cosicché non si potrebbe affatto escludere che i 6 milioni di Euro pervenuti sui conti di Montecarlo e Lugano possano, in tale situazione di mercimonio e di corruzione diffusa, aver avuto un origine diversa.
Si dimentica tuttavia che la tangente proveniente dalla Alstompower è stata perfettamente individuata nelle sue ragioni e nel suo meccanismo nella prima parte delle indagini (si vedano le motivazioni dell' ordinanza di custodia cautelare emessa in data 5/6/2003 nei confronti di G. e C., le successive dichiarazioni chiarificatrici di C.) e si tratta quindi di un' operazione del tutto diversa, ormai ben chiara ed a sè stante rispetto alle dazioni di denaro descritte nel capo di incolpazione in relazione alla Siemens Ag.
Quanto al dubbio seminato dalla difesa in ordine alla attribuibilità ad altre società, in ipotesi la GeneraI Electric, dei 6 milioni di Euro si deve ricordare che in questa fase le convergenti e dettagliate dichiarazioni di C. e G. sono uno strumento più che sufficiente per riferire le tangenti ricevute sui loro conti esteri alla Siemens Ag, considerando per di più che tali dichiarazioni sono riscontrate sia dalla tempistica delle singole rimesse sia dalla proporzionalità delle tangenti stesse (circa 1'1,5%) rispetto al valore delle turbine a gas fornite da Siemens Ag.
Ulteriore argomento avanzato dalla difesa di Siemens Ag, peraltro ripetitivo in situazioni di questo genere, è costituito dalla pretesa impossibilità di individuare uno specifico atto contrario ai doveri di ufficio valutabile per incardinare il reato di corruzione di cui all' art. 319 c. p., cosicchè quanto avvenuto sarebbe riportabile ad una semplice regalia inquadrabile al più nel reato di cui all' art. 318 c.p. ( corruzione per un atto d'ufficio) non legittimante e non utilizzabile, ai sensi dell'art. 25 del D.Lg.  231/01, per l'adozione di una misura interdittiva.
L'argomento è facilmente criticabile in quanto l'accordo corruttivo non si poggia, per la sua realizzazione su un singolo atto, ma su un'intera procedura condizionata ed inquinata diretta a due obiettivi fondamentali che sono stati entrambi raggiunti assicurando agli eroganti un binario preferenziale: da un lato ottenere per la Siemens Ag un monopolio nelle forniture e nella successiva gestione della manutenzione e nel contempo non condizionare tale posizione ad una immediata definizione del contratto di manutenzione, cosicchè da esso potessero nascere altre possibilità di illeciti guadagni.
Il ruolo dei corrotti, e cioè C. e G., è stato a tal fine un ruolo "globale" e cioè convincere, e non poteva essere diversamente visto il ruolo di tecnici esperti che era loro accreditato, il board dell'Enel ad adottare queste decisioni consone a tali obiettivi e nel contempo, come risulta chiaramente dai verbali di C., guidare la Siemens Ag nell'approntamento delle proposte tecnico-economiche "vincenti" che avrebbero trovato le porte aperte.
Sorregge del resto nella collocazione di procedure in sè viziate, e non solo per un singolo atto, nella fattispecie di cui all'art. 319 c.p., intesa come condizionamento dell'attività del pubblico ufficiale agli interessi di un gruppo determinato di cui è debitore, la giurisprudenza sul tema della Suprema Corte:
In tema di corruzione, perché il reato sia configurabile, non è necessaria l'individuazione specifica dell'atto oggetto dell'accordo corruttivo, in quanto l'atto d'ufficio oggetto di mercimonio non va inteso in senso formale, comprendendo la locuzione qualsiasi comportamento che comunque violi i doveri di fedeltà, imparzialità, onestà, che debbono osservarsi da parte di chiunque eserciti una pubblica funzione.
Deve perciò ritenersi sussistente il reato di corruzione ogni qualvolta si accerti che la consegna del denaro al pubblico ufficiale sia stata effettuata in ragione delle funzioni dallo stesso esercitate e per retribuirne i favori, e tale forma di corruzione rientra tra le ipotesi di corruzione propria (per atto contrario ai doveri d'ufficio) e non per corruzione impropria, implicando il mercimonio della funzione stessa.
(Sez. VI,  N 2894 del 6.3.1998, cc. del 5.2.1998, Lombardi, rv 210381).
L'ipotesi delittuosa della corruzione si attua non solo con riferimento a fatti di mercimonio dei doveri dell'ufficio per atti squisitamente formali, ma anche alla condotta, in genere, di sistematico e generalizzato favoritismo del pubblico ufficiale.
Pertanto, quando la corruzione investa i doveri di un ‘organizzazione professionale, come quella giuridica,' cui sono affidate, attraverso le decisioni, scelte di valore, si realizza l'abdicazione alle finalità istituzionali e la formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità con gli scopi illeciti posti a ,base del mercimonio dell'‘ufficio.
( Fattispecie ex art. 319 cod. pen., a carico di un dirigente di un ufficio giudiziario romano, caratterizzata dal condizionamento dell'attività funzionale agli interessi di un determinato gruppo imprenditoriale, attraverso collegamenti anomali con i suoi componenti e promesse d'intervento sugli altri appartenenti all'ufficio ).
(Sez. VI, .n. 1616 del 23.5.1996, ud. del 16.4.1996, Squillante, rv 204847 ).
L'ultimo profilo da esaminare è quello relativo alle condotte riparatorie poste in essere da Siemens Ag al fine di evitare, ai sensi dell'art. 17 D.lvo n. 231/01, l'applicazione della misura interdittiva.
L'art.17 infatti consente di non applicare le sanzioni interdittive, ferma sempre l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, quando l'ente dimostri di aver risarcito interamente il danno, di aver eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato adottando modelli idonei a prevenirne di nuovi ed abbia infine messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
In contestualità con lo svolgimento dell'udienza camerale, Siemens Ag ha concluso con Enel una transazione risarcitoria, ratificata il 12.12.03, prodotta dal difensore di Enel in data 12.12.03.
In base a tale transazione, illustrata anche oralmente dal difensore in sede di udienza, Siemens Ag si impegna ad aprire a Enel una lettera di credito di 20 milioni di euro, a fornire gratuitamente 2 set di palette per turbine a gas, a modificare il contratto di service stipulato nel marzo 2003 (di cui solo nel corso dell'udienza si è avuto notizia) apportando anche delle migliorie alle turbine già fornite e a fornire altri 4 set di palette ad un prezzo vantaggioso.
Il tutto con un'utilità per Enel, con la quale si intendono confermare gli accordi commerciali già in corso, di circa 180 milioni di euro.
E' innegabile che le riparazioni cui Siemens Ag si è resa disponibile siano tutt'altro che trascurabili ma tale forma di risarcimento nei confronti del solo diretto destinatario dell'attività illecita consumatasi corrompendo i suoi funzionari infedeli non soddisfa allo stato, se non in parte, le condizioni poste dall'art. 17 del D.lvo 231/01 per poter evitare la sanzione interdittiva.
Infatti resta aperto il problema del profitto conseguito ai reati commessi in relazione ai quali Siemens Ag non ha offerto allo Stato un'idonea cauzione, profitto che potrà essere più precisamente determinato anche con un accertamento tecnico, resta aperto il problema del danno subito dal mercato e dagli altri aspiranti fornitori delle turbo gas che hanno visto violate le regole della concorrenza in un settore di notevole importanza.
Resta sopratutto il fatto, più volte sottolineato anche durante l'udienza dai Pubblici Ministeri, che Siemens Ag si è semplicemente rifiutata di adottare, dopo i fatti, quel modello organizzativo previsto dall'art. 17 punto b) del D.1vo n. 231/01 come strumento preventivo e impeditivo, anche se in via non assoluta, della commissione di nuovi reati, non potendo certo bastare la produzione, allegata alla memoria della difesa, del generico codice etico (le "Business Conduct Guidelines") che dovrebbe ispirare la condotta dei funzionari della società tedesca anche nei loro rapporti con l'estero.
In relazione infatti al requisito di cui all' art. 17 punto b), la normativa introdotta in ossequio agli impegni internazionali assunti è molto rigida e prevede l'istituzione di organi di controllo dotati di autonomo potere di iniziativa, 1'approntamento di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e 1'attuazione delle decisioni dell'Ente in relazione ai reati da prevenire, l'individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di reati (e qui devono essere affrontati i problemi relativi all'esistenza di fondi extra contabili ), l'adozione di un efficace sistema di veicolazione delle informazioni all'interno della società, l'introduzione infine di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare seriamente il mancato rispetto dei comportamenti e delle misure indicate (2).
Nulla di tutto ciò sembra essere avvenuto, nonostante il tempo trascorso dall' esplosione del caso SIEMENS-ENELPOWER e ne consegue che non sussistono allo stato le condizioni per evitare l'applicazione della misura interdittiva.
Rilevato infine in tema di proporzionalità della misura richiesta che, in ottemperanza ai criteri di scelta della misura interdittiva dettati dall'art 14 in relazione all'art. 11 D.1gs 231/01, la sanzione interdittiva che appare idonea a prevenire illeciti del tipo di quelli commessi nonché
proporzionata alla gravità dei fatti e al grado di responsabilità dell'Ente, anche per la mancanza di una seria attività finalizzata ad eliminare od attenuare le conseguenze del reato e a prevenire la commissione di ulteriori illeciti, è unicamente quella del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione.

Infatti la posizione di monopolio assunta dalla SIEMENS AG, conseguenza diretta dei reati commessi, può essere contrastata solo con l'indicata misura interdittiva che è l'unica che permette di ripristinare nell'immediatezza la concorrenza e le regole di mercato violate e che si stima equo, proprio a tali fini, applicare per la durata di anni uno.

Omissis
Milano, 28 aprile 2004

[N.B. In data 5 maggio 2004, il medesimo Giudice ha integrato l'ordinanza, limitando il divieto alla specifica attività di costruzione e di vendita di apparecchiature per la produzione di energia elettrica mediante turbogas, di cui si occupa un ramo d'azienda della Power Generation e cioè una delle 14 Divisioni in cui si suddivide il gruppo Siemens AG]
(1)  Si noti che in realtà il D., che ha concorso alle trattative con i dirigenti dell'ENEL nella sua veste di direttore esecutivo della SIEMENS AG, più che soggetto subalterno e cioè sottoposto a poteri di vigilanza e di direzione altrui, come indicato nel capo d'imputazione, può essere considerato un manager con posizione "apicale" all'interno della SIEMENS AG, la cui volontà era di per sé espressione della voluntas societatis.
Ne conseguirebbe, in base quindi al disposto non dell'art. 7 ma dell'art. 6 D.L.vo n. 231/01, che concerne i criteri di attribuibilità all'Ente delle condotte di soggetti con posizione apicale, che anche la presenza di un efficace modello organizzativo finalizzato a prevenire reati come quelli verificatisi (modello che peraltro non risulta  adottato) non basterebbe ad esimere la Siemens AG dalla responsabilità amministrativa, in quanto dovrebbe comunque provarsi che D. abbia commesso il reato eludendo fraudolentemente le strutture di organizzazione e di gestione. E' chiaro infatti, nel sistema del D.L.vo 231/2001, che chi, come il dirigente apicale, impersona l'Ente, non trascina nella responsabilità l'Ente stesso solo nella situazione limite in cui si possa provare, non certo per ipotesi o presunzione, che egli abbia pervertito e frustrato con l'inganno l'intero sistema decisionale e di controllo della società. Ma si tratta evidentemente di una situazione limite e quasi manualistica che ben difficilmente può fare ingresso in simili procedimenti.
(2) Non è un caso che l'art. 6 comma terzo del D.Lvo 231/01 contempli la possibilità che i modelli di comportamento e di gestione (c.d. Compliance Programs) possano essere adottati sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti e comunicati al Ministero della Giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare un giudizio di idoneità. E' quindi richiesto un forte impegno sia alle associazioni sia alle singole imprese nell'elaborazione dei protocolli che portino i rischi ad un livello accettabile e, a titolo di esemplificazione, in sede di udienza camerale i Pubblici Ministeri hanno prodotto le dettagliate "Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo" elaborate dalla Confindustria nel marzo 2002, che intendono avere un ruolo ispiratore per le imprese e le altre associazioni.     ­
Analoghe linee guida sono state elaborate da altre associazioni quali l'ABI, l'ANCE e l'ANIA.
Con riferimento al tempo trascorso dalla commissione dei reati e dall'avvio dell'indagine riguardante il caso Enelpower e i rapporti illeciti dei suoi dirigenti con società straniere è utile segnalare il provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Roma, adottato in data 4.4.2003 (in Cass. Pen. Mass. Ann., 113,2004) in cui si afferma che per escludere il pericolo di recidiva può rilevare anche l'istituzione ex post di un corretto modello di organizzazione e di gestione da parte della società coinvolta. In tal caso, per poter ritenere tale modello idoneo a prevenire nuovi reati, la valutazione deve comunque essere più rigorosa rispetto a quella riservata al modello ex ante, occorrendo un modello che rimuova decisamente le carenze dell'apparato organizzativo che si sono già evidenziate.
Nel caso in esame il G.I.P. del Tribunale di Roma ha svolto tale verifica, conseguente all'adozione da parte della società di un modello dopo l'avvio delle indagini, avvalendosi di una perizia in grado di fornire al Giudice, soprattutto in casi complessi, tutte le indicazioni necessarie compresi eventuali suggerimenti circa le misure di perfezionamento del modello che, se recepite dall'Ente, possono costituire un importante elemento di valutazione positiva della condotta riparatoria.
Nel presente procedimento la Siemens Ag ha perso un'occasione del genere, non formulando alcuna proposta e non presentando alcuno studio di miglioria, anche a livello di semplice progetto, nonostante, come si è detto, il non breve periodo di tempo che ha avuto a sua disposizione.

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