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Direttiva per regolare i rapporti tra la Regione Lazio e le società operanti in regime in house ai fini dell’esercizio del controllo analogo
(grassetto dello scrivente)
1. MODALITÀ DI ESERCIZIO DEL CONTROLLO ANALOGO
Le modalità di esercizio del controllo analogo da parte della Regione Lazio sono rinvenibili oltre che nel presente atto, nelle leggi istitutive delle singole società, negli statuti societari, nelle convenzioni generali e nei contratti di servizio qualora previsti, nonché in appositi atti di indirizzo e di vigilanza.
2. PRINCIPI
L’attività delle società regionali concorre alla realizzazione degli obiettivi regionali nel perseguimento degli interessi pubblici. A tal fine, le società devono operare secondo principi di efficienza e trasparenza, garantendo la qualità delle attività, l’economicità dei costi rispetto a quelli di mercato, l’efficacia nella modalità di conseguimento degli obiettivi assegnati.
3. TRASPARENZA
In armonia con quanto stabilito dall’articolo 2, comma 2, della legge regionale 1/2011, le società assicurano la trasparenza della propria attività, anche a garanzia della legalità e allo scopo di favorire l’accesso ai servizi dei cittadini. A tal fine, le società pubblicano, tra l’altro, sul proprio sito internet:
-l’assetto societario;
-lo statuto;
-i regolamenti interni;
-le cariche sociali, con indicazione specifica dei curricula e dei compensi percepiti dai componenti;
-il modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del d.lgs. n. 231/2001;
-il codice etico;
-le gare e gli appalti;
-le procedure di reclutamento;
-gli incarichi di consulenza.
Omissis.
INDIRIZZI IN MERITO ALL’APPLICAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, n. 231
Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 ha introdotto nel nostro ordinamento una responsabilità degli enti collettivi, ivi comprese le società in tutto o in parte pubbliche, per i reati compiuti nel loro interesse o a loro vantaggio dai propri dirigenti e dipendenti.
L’articolo 6 del decreto contempla una particolare forma di esonero da responsabilità qualora l’ente abbia adottato un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire la commissione dei reati e abbia istituito un organismo di controllo interno, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, con il compito di vigilare sull’efficacia reale del modello.
6.1. Modello di organizzazione e gestione.
Ai fini dell’efficacia scriminante di cui al citato articolo 6, le società predispongono un modello di organizzazione e di gestione idoneo alla prevenzione della commissione dei reati, tenendo conto oltre che delle disposizioni dettate dal d.lgs. n. 231/2001 anche delle linee guida di Confindustria approvate dal Ministero della Giustizia il 2 aprile 2008.
In particolare, il modello deve esporre nel dettaglio la struttura aziendale, la propria missione e le principali aree di attività, e indicare analiticamente, in ragione della specificità delle singole realtà aziendali e della natura pubblica, le attività “sensibili”, ossia a rischio di reato. Nella individuazione delle attività sensibili, si deve tener conto in particolare delle procedure di acquisizione di beni e servizi, di reclutamento del personale e di affidamento degli incarichi di consulenza.
6.2. Organismo di vigilanza
L’efficace attuazione del modello richiede una verifica continua da parte di un organo interno all’ente, a ciò specificamente deputato. Al fine di assicurare l’autonomia e l’indipendenza dell’organismo di vigilanza, è opportuno che si tratti di un organismo plurisoggettivo e che almeno un membro sia soggetto esterno all’ente. Inoltre, uno dei componenti è nominato dalla Regione. Non possono essere membri dell’organismo di vigilanza:
a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 2382 c.c.;
b) i componenti del consiglio di amministrazione/consiglio di gestione e della società di revisione o i revisori da questa incaricati;
c) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dei componenti il consiglio di amministrazione/consiglio di gestione, il collegio sindacale/consiglio di sorveglianza, la società di revisione o i revisori da questa incaricati.
L’organismo deve essere dotato di tutti i poteri necessari per assicurare una puntuale ed efficiente vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del modello organizzativo adottato dalla società e segnatamente per l’espletamento dei seguenti compiti:
a) verifica dell’efficienza ed efficacia del modello organizzativo adottato rispetto alla prevenzione ed all’impedimento della commissione dei reati previsti dal d.lgs. n. 231/2001;
b) verifica del rispetto delle modalità e delle procedure previste dal modello organizzativo e rilevazione degli eventuali scostamenti comportamentali;
c) formulazione delle proposte all’organo amministrativo per gli eventuali aggiornamenti ed adeguamenti del modello organizzativo adottato, che si dovessero rendere necessarie in conseguenza di significative violazioni delle prescrizioni del modello organizzativo, di modificazioni dell’assetto interno delle società e/o delle modalità di svolgimento delle attività d’impresa e di modifiche normative;
d) segnalazione all’organo amministrativo, per gli opportuni provvedimenti, di quelle violazioni accertate del modello organizzativo che possano comportare l’insorgere di una responsabilità in capo all’ente.
Nel modello organizzativo deve, inoltre, essere specificato che le attività poste in essere dall’organismo non possono essere sindacate da alcun altro organismo o struttura aziendale e che l’organismo ha libero accesso presso tutte le strutture della società, senza necessità di alcun consenso preventivo, onde ottenere ogni informazione o dato ritenuto necessario per lo svolgimento dei propri compiti.
L’organismo di vigilanza predispone una relazione informativa, su base semestrale, per l’organo amministrativo in ordine alle attività di verifica e controllo compiute ed all’esito delle stesse e cura la trasmissione della stessa anche al collegio sindacale/consiglio di sorveglianza e alla Regione.
6.3. Codice etico
L’osservanza di principi etici rilevanti ai fini della prevenzione dei reati costituisce un elemento essenziale del sistema di controllo preventivo. Le società adottano un codice etico (o codice di comportamento) in cui si enucleano i principi e le regole comportamentali alle quali bisogna attenersi ai fini del decreto legislativo n. 231/2001. In particolare, le società valutano, con riguardo ad ogni singola fattispecie di reato prevista dal citato decreto, quale sia il rischio specifico di commettere quel determinato reato ed introducono principi etici ad hoc.
Il codice etico deve, in ogni caso, regolare:
L'organismo di vigilanza verifica il rispetto del codice etico e trascrive, in uno specifico rapporto all’organo di amministrazione, le violazioni del codice che sono emerse in conseguenza delle segnalazioni o della sua attività di controllo etico e i suggerimenti ritenuti necessari.
Omissis.
NOTA
La delibera sopra riportata è interessante sotto diversi profili.
Innanzitutto contiene un elemento di "rilevanza esterna" dell'ODV, il quale, ogni semestre, deve relazionare sull'attività svolta anche alla Regione: trattasi di trend in via di consolidamento (basti pensare ai recenti provvedimenti della Regione Lombardia in materia di enti di formazione e di unità d'offerta sociosanitarie).
In secondo luogo, la delibera appare decisamente rigorosa rispetto alla stessa composizione dell'ODV, laddove vieta che possano farne parte membri del consiglio di amministrazione (come consentito dalle linee-guida di riferimento in materia 231) e sindaci (come consentito, per le società di capitali, addirittura ex lege): insomma un'impostazione "purista" dell'ODV che, ad avviso di chi scrive, va senz'altro apprezzata.
Inoltre uno dei membri dell'ODV (auspicabilmente collegiale e con almeno un componente esterno) deve essere nominato dalla Regione.
Infine il modello organizzativo va pubblicato sul sito internet della società.
(Maurizio Arena)