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Il vero e proprio processo all'ente si apre con la contestazione dell'illecito dipendente da reato.
Sin ad allora "soggetto" del procedimento penale, l'ente assume la qualità di "parte processuale", ampliando così il novero delle parti sino ad oggi contemplate dal codice di procedura penale.
E' comunque il caso di precisare che, pur essendo sostanzialmente equiparato all'imputato, l'ente, per partecipare al procedimento deve - sin dalla fase delle indagini preliminari - depositare nella cancelleria del Giudice che procede una dichiarazione scritta con il contenuto indicato a pena di inammissibilità dall'art 39 comma 2 d.lg. 231.
Quando non dispone l'archiviazione, il pubblico ministero contesta all'ente l'illecito amministrativo dipendente dal reato (art 59 d.lg. 231).
La contestazione dell'illecito è contenuta in uno degli atti indicati dall'articolo 405 comma 1 c.p.p., che, come è noto, costituiscono gli atti tipici di esercizio dell'azione penale.
Trattasi di disposizione che intende ribadire il carattere "accessorio" dell'illecito dell'ente, il quale viene accertato in un procedimento "riunito" a quello volto ad accertare la responsabilità della persona fisica (cfr. art 37).
Si è già avuto modo di mettere in rilevo come, nelle ipotesi di contestazione cumulativa, si sia di fatto aperta la strada al concetto di "azione punitiva" tout court, comprendente l'azione penale in senso stretto e l'azione di responsabilità amministrativa (v. Processo all'ente ed esercizio dell'azione penale).
Evidentemente è possibile anche che si proceda solo nei confronti dell'ente (sempre in relazione al reato di una persona fisica, già sub iudice); in questo caso non è corretto il richiamo all'art 405 c.p.p., in quanto manca la contestuale formulazione dell'imputazione a carico della persona fisica
Analogamente a quanto previsto per la richiesta di rinvio a giudizio, la contestazione dell'illecito amministrativo contiene gli elementi identificativi dell'ente, l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto che può comportare l'applicazione delle sanzioni amministrative, con l'indicazione del reato da cui l'illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova.
E' importante precisare che il "fatto che può comportare l'applicazione delle sanzioni" non coincide soltanto con il fatto di reato ascritto alla persona fisica.
Secondo il sistema in vigore l'ente risponde se c'è un previo reato, unitamente ad altre condizioni, di tipo oggettivo e soggettivo.
In particolare, sotto il primo profilo, il P.M. dovrà specificare il legame dell'interesse o vantaggio che avrebbe determinato il (o che sarebbe derivato dal) reato.
Proprio in relazione ai principi-cardine della nuova normativa, chi scrive ritiene insufficiente, nell'atto di contestazione, il semplice richiamo alla commissione del reato "nell'interesse o a vantaggio" dell'ente: si tratterebbe di una vuota formula di stile, lesiva del diritto di difesa.
In breve: non si può consentire che la prassi introduca proprio ciò che il legislatore ha voluto evitare, vale a dire un'ascrizione meramente oggettiva del reato all'ente.
Ancor più precisamente: il P.M. dovrà spiegare per quali ragioni ritiene che il reato sia stato commesso "nell'interesse dell'ente".
E' questo il legame fondamentale: il vantaggio derivante dal reato (comunque oggetto di confisca) impegna infatti l'ente solo se il reato è stato commesso nel suo interesse.
Questa specificazione potrà essere sollecitate dal G.U.P. in udienza, per quanto riguarda la contestazione originaria, analogamente a quanto oggi possibile per la richiesta di rinvio a giudizio: secondo pacifica giurisprudenza infatti pur se quest'ultima non contiene un'enunciazione chiara e precisa del fatto non si verifica una nullità della stessa, in quanto il P.M. può sempre modificarla in udienza.